Trovate Ortensia. Una mostra collettiva negli spazi di ICA a Milano
Prende le mosse dalla poetica di Amelia Rosselli la mostra allestita alla Fondazione ICA di Milano. Una indagine fra il dentro e il fuori, grazie a una serie di opere che sfuggono a definizioni univoche.
È un progetto ambizioso Trovate Ortensia, ospitato dalla Fondazione ICA Milano e curato dal collettivo Il Colorificio, e mette in mostra i lavori dei partecipanti a Roma Calling 2019-20, il programma di residenze transdisciplinare dell’Istituto Svizzero di Roma.
Lo spunto viene da Amelia Rosselli – scrittrice multilingue, etnomusicologa e “poetessa della ricerca” dai versi liberi e prosastici, figura unica nel mondo letterario contemporaneo – e dal suo La libellula (1958), un “poemetto politico, femminista oltre che poetico”, come la stessa autrice lo definì. Un componimento giocato su stretti limiti formali imposti, che cercano di arginare l’eruzione dei temi e delle parole creando un testo tridimensionale e dal moto circolare.
Lo stesso impianto formale è quello in cui si inserisce Trovate Ortensia. L’architettura industriale di ICA è la gabbia continuamente messa alla prova dalle opere in mostra, che cercano di sottrarsi al confine fisico dell’ambiente, in un percorso che porta a confrontarsi con un dentro e un fuori, con lavori che sfuggono al contenimento dell’ambiente e che mutano nella loro vita espositiva.
LE OPERE IN MOSTRA ALLA FONDAZIONE ICA
S01E07 di Urs August Steiner è il primo incontro con quest’inafferrabilità: rinchiuso in un’intercapedine non percorribile e visibile solo dai tratti che l’artista non ha opacizzato della vetrata della facciata dell’edificio, ma con la componente volatile di un fumo denso che ciclicamente sfugge agli spazi non sigillati delle finestre e si diffonde nell’aria, manifestando la sua presenza.
Un’altra invasione è quella dei fragili piccioni in vetro soffiato di Against All Odds di Nastasia Meyrat, che si annidano sulle scale dell’edificio: un’installazione concepita per rimarcare come gli stereotipi influiscano negativamente sulla percezione di gruppi omogenei di essere viventi e realizzata con un ribaltamento formale degli stessi, che nel percorso rosselliano esce dalla sala espositiva per appropriarsi di uno spazio di passaggio, accompagnando i fruitori verso il piano superiore. Una transizione verticale che dallo sguardo sposta l’attenzione all’udito, con la cacofonica giustapposizione di quattro versioni karaoke di altrettante arie pucciniane provenienti da A rose buds in a vase Leaf by leaf I look at it How nice it is, the smell of a flower But the flowers I make, alas Have no smell, installazione di Anaïs Wagner che evade dalle quattro stanze in cui è confinata grazie all’elemento musicale e arriva fino all’ultimo ambiente, interamente occupato dalle Cherries di Real Madrid, grande scultura in tessuto destinata a perdere volume col passare del tempo.
AMELIA ROSSELLI COME FONTE DI ISPIRAZIONE
Come nella poetica di Rosselli, da ogni opera ammicca un riferimento erotico che sfocia nella “meccanica eiaculatoria” che i curatori hanno messo in relazione con il lavoro di Pauline Julier che conclude la mostra, chiuso in uno spazio esterno e intitolato Cercate Ortensia: un collage di found footage e versi de La libellula che cerca di portare all’esterno un’immagine che, al contrario di Ortensia, non riuscirà mai a scampare alla sua reclusione.
– Guia Cortassa
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