Morto Arturo Schwarz. Gallerista, storico dell’arte, saggista

È stato mercante, scrittore, storico dell'arte e editore di poeti. La sua collezione è stata donata in parte a Roma e in parte a Gerusalemme

È la fine di un’epoca. È morto Arturo Schwarz. Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1924 aveva quasi raggiunto un secolo di vita nella sua Milano, dove è mancato il 23 giugno 2021. Nato in una famiglia di origine ebraica, da padre tedesco e mamma italiana, Schwarz è stata una delle figure fondamentali del ‘900. L’arte e la cultura sono state la linfa che ha condotto tutta la sua vita: gallerista, collezionista con una predilezione per i Surrealisti, editore dei grandi poeti italiani come Ungaretti, Alda Merini, e Quasimodo. Anche curatore di importanti mostre. È stato una figura di spicco della cultura italiana ma anche israeliana con prestigiosi incarichi nei board di Università e Accademie a Tel Aviv e Gerusalemme, ma anche nel Tel Aviv Museum of Art. E questo amore per entrambi i paesi è evidenziato anche dai suoi lasciti: ha infatti donato la sua collezione alla Galleria d’Arte Moderna di Roma e all’Israel Museum di Gerusalemme.

STORIA DELLA GALLERIA SCHWARZ

L’arrivo a Milano si deve a questioni politiche. Schwarz, che fino al 1962 si fece anche chiamare Tristan Savage, fu uno dei fondatori della IV Internazionale trotskista in Egitto, attività non gradita al Paese che gli diede i natali e che lo espulse nel 1949.”Ero stato liberato dal campo di internamento di Abukir, in seguito alla vittoria d’Israele sull’Egitto. Ero uno dei fondatori della sezione egiziana della Quarta Internazionale. Sul mio passaporto era stampato su ogni pagina: pericoloso sovversivo – espulso dall’Egitto. Arrivai a Milano bollato come fascista, eppure Elio Vittorini, che era un intellettuale illuminato di sinistra, mi accolse benevolmente. Con lui cominciai a scoprire cosa fosse il sapere”, raccontava ad Artribune.

L’ARRIVO A MILANO

Fu così che approdò a Milano, città in cui rimase tutta la vita e alla quale diede un grande contributo. Laureato a Oxford in Scienze Naturali e in Filosofia alla Sorbona a Parigi, nei suoi primi giorni in Italia Schwarz lavorò in una ditta di import export. Nel 1954, inaugurando con una mostra di Marcel Duchamp, fondò la galleria che portava il suo nome e che ebbe una attività ventennale, spazio diventato mitologico nella memoria di artisti e critici, a partire dalla libreria in via Sant’Andrea alla sede in Via del Gesù. “La nuova sede”, scrivono Ariella Giulivi e Raffaella Trani che hanno documentato i 21 anni della galleria per una pubblicazione edita da Fondazione Mudima, “venne inaugurata con una collettiva nel settembre del 1961 seguita dalla mostra del dadaista Marcel Janco nell’ottobre”. Molti gli artisti che passarono per quegli spazi. Da Piero Manzoni ai nuclearisti come Enrico Baj, da Arman Lucio Fontana. E naturalmente Picabia, Man Ray, Spoerri, Asger Jorn, Max Ernst, Marcel Duchamp e così via. Schwarz comprava l’intera mostra e spesso, racconta in molte interviste, non vendeva quasi niente, ma il mercato e i collezionisti erano molti meno rispetto ad oggi.

I LIBRI

Curatore di grandi mostre, saggista prolifico, Schwarz scrisse importanti saggi e testi d’autore, soprattutto sul surrealismo. Ma ha scritto anche di alchimia e cabala, temi che lo interessavano molto e che lo avvicinavano ai surrealisti. Suoi La sposa messa a nudo, Almanacco Dada, L’immaginazione alchemica, Introduzione all’alchimia indiana, 1984 e molti anche i testi firmati come Tristan Savage. Tra questi anche il poderoso Il Surrealismo. Ieri e oggi. Storia, filosofia, politica, di cui Artribune ha parlato qui. “Credo che il volume per me più significativo sia una raccolta di poesie scritte in francese e pubblicate in Francia. Il volume di cui parlo è Malgré tout (Pierre Seghers, Paris 1952). All’interno avevo inserito molte poesie d’amore dedicate alla mia prima moglie, mancata dopo trentatré anni di luna di miele. Il titolo, Malgré tout, è importante perché riassume quello che per me ha rappresentato la poesia: l’espressione massima del mio essere uomo oltre; malgrado la mia vita, malgrado la prigionia, malgrado le torture che ho subito, malgrado le perdite alle quali ho assistito, malgrado tutto, insomma”, ci aveva raccontato in una intervista a Ginevra Bria nel 2012.

STORIA DI UNA COLLEZIONE

Annosa anche la questione della sua collezione, come riportava Paolo Vagheggi su La Repubblica in un articolo del 1997. “Poteva entrare nel capitolo “occasioni perdute” nella storia delle donazioni di opere d’ arte moderna e contemporanea”, scriveva. “Per una volta invece c’ è un lieto fine”, annunciando la parziale donazione di 600 opere alla Galleria Nazionale, allora GNAM, di Roma e di altrettante 600 a Gerusalemme. “Insomma Schwarz si libera completamente della raccolta, del valore di centinaia di milioni, che ha accumulato nell’ arco di un ventennio e in cui sono rappresentati tutti i massimi esponenti del movimento Dada, del Surrealismo, del Nouveau Realisme e dei movimenti italiani del dopoguerra passati dalla sua galleria milanese come lo Spazialismo e il Nuclearismo”, proseguiva Vagheggi. Una vicenda conclusasi nel ’97, ma che in realtà si trascinava da anni, con il desiderio iniziale di donare alla sua Milano e il rifiuto di Pillitteri e Borghini. Una occasione ghiotta che invece in Israele non hanno perso, e di blocchi continui, burocrazia, governi che cadono, elezioni in corso in Italia. Una storia che si conclude finalmente a Roma, un’occasione persa per una Milano diversa da oggi.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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