Sun&Sea. Al Teatro Argentina di Roma l’opera-performance vincitrice del Leone D’Oro alla Biennale
Il progetto, a cura di Lucia Pietroiusti, Padiglione Lituano all’ultima Biennale Arte, spopolò in Laguna fino a guadagnarsi il Leone d’Oro. Ora torna a Roma al Teatro Argentina
In scena al Teatro Argentina di Roma fino al 4 luglio, L’idea di Sun&Sea (Leone d’oro alla Biennale di Venezia 2019), delle tre artiste lituane Rugilė Barzdžiukaitė, regista, Vaiva Grainytė scrittrice, Lina Lapelytė, musicista, nasce dopo la loro prima collaborazione per Have a Good Day! spettacolo per 10 cassieri, suoni di supermercati e pianoforte (2013), visitando il Museo Guggenheim di New York. È stata proprio la sua architettura – le scale a chiocciola e l’angolo dall’alto – che ha stimolato l’immaginazione di Rugile Barzdžiukaitė a creare un paesaggio da guardare dall’alto con performer/cantanti che prendono il sole su una spiaggia. Si può parlare di una tradizione delle arti in Lituania? Il retroterra che questa giovane generazione predilige è l’arte internazionale, fuori dai confini della tradizione socialista sovietica, con un’interrogazione sulle possibili matrici identitarie, in cui artisti come Jonas Mekas e George Maciunas, espatriati negli Usa, vengono ricollocati. E infatti nella composizione musicale di Sun&Sea, Einstein on the Beach (1984) di Philip Glass è un riferimento riconoscibile, pur a distanza di alcuni decenni.
TRA ARTI VISIVE, TEATRO E GRANDE MUSICA
Il formato di Sun&Sea non è insolito nel panorama artistico lituano in cui i confini fra le arti si oltrepassano con dinamismo maggiore rispetto a culture dove la tradizione è consolidata. Ricordiamo Egle, The Queen of Serpents una installazione/performance allestita da Oskaras Koršunovas, nell’ambito del Festival Sirenos 2016 in un ospedale di Vilnius destinato a essere demolito dove si riattualizza, attraverso il mito di Egle, la paura del mostro – lo straniero, che sono i migranti che si riversano in Europa e che la Lituania respinge. Attestato in Sun&Sea il sincretismo tra arti visive, teatro, opera lirica, l’interrogazione sul formato è interessante puntarla sui modi di fruizione dell’opera. Se la motivazione della giuria della Biennale Arti Visive premiava il padiglione lituano sottolineando il suo rapporto con il teatro epico di Brecht (in cui le canzoni funzionano però come intermezzo fra un episodio e un altro del dramma epico, mentre in questo caso sono l’ossatura), la location in cui viene presentata l’opera-performance (così di fatto la definiscono le autrici) determina il modo di fruizione come installazione (in qual caso non c’è un tempo obbligato di visione) o come spettacolo, se ha luogo in un teatro, come nell’allestimento al Teatro Argentina. In questo caso si ha un inizio e una fine (durata 52 minuti) annunciata dal personale del teatro, in quanto l’opera-perfomance si ripete più volte in un arco di tempo che va della 17 alle 21. Nel corso dei 52 minuti di durata fissata dal testo delle canzoni, ciascuna affidata a un coro, a delle figure che compaiono sulla spiaggia o a delle entità astratte, vediamo sulla distesa di sabbia che ricopre la platea del teatro Argentina – dove sono sparsi bottiglie di plastica, ciabatte, teli da mare, borse, borracce, libri -, una coppia anziana che si spalma la crema solare, due bambini con in mano una macchina fotografica, una coppia giovane, una ragazza che guarda il cellulare, un cane nero, un bambino che versa acqua da un secchiello, in quattro giocano a carte, due afferrano le racchette, una signora di spalle fa l’uncinetto, un’altra che mangia uno yogurt, altre figure leggono, scrivono, parlano. Il paesaggio è animato da queste azioni quiete che non compongono però una scena-quadro plasticamente organizzata con tonalità cromatiche, luminose, volumi e forme. Si compone in modo apparentemente casuale, e lo sguardo vaga da una figura all’altra senza gerarchie, dettagli, primi piani.
LA MUSICA IN SUN&SEA
L’elemento più interessante di questa opera-performance sono le canzoni cantante in scena dai cantanti sdraiati sulla sabbia (e di volta in volta bisogna scoprire chi è che canta). La sequenza ha una sua struttura, sia perché le canzoni sono associate alle persone sulla spiaggia e alle loro azioni, come la canzone della Crema solare legata alla coppia anziana; sia perché fra una canzone e l’altra si stabiliscono dei raccordi. I temi riguardano la vita quotidiana, la fatica del lavoro, l’ansia di prestazione, le vacanze, una pacata ironia nei confronti dei nuovi ricchi nella Canzone della mammina facoltosa, ma anche i cataclisma. Ogni canzone ha un titolo che è anche una figura della scena-quadro: il coro dei vacanzieri, la Canzone del lamento – ecologico. Certamente il tema ecologico è quello più ricorrente, come nella Canzone delle sorelle 3d: ” Quando il mio corpo morirà, rimarrò io,/ in un pianeta vuoto senza più uccelli, né animali né coralli.”/, ma è intessuto in una visione affatto escatologica, vibra di ironia e malinconia. L’intonazione etica dell’opera-performance proviene da una realtà che non trova palingenesi possibili, visioni utopiche, programmi politici di rinascita: la sostanziale apatia delle figure qualsiasi sdraiate sulla sabbia è rotta da micro azioni irrilevanti che convivono con l’emergenza planetaria e con i traumi esistenziali. Questo non significa che siano spezzati i rapporti con la realtà, ma che questo rapporto non si pone in termini di resistenza (spirituale, politica, ideologica).
– Valentina Valentini
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