Ripartono le mostre organizzate dalla Fondazione Furla. Personale di Nairy Baghramian a Milano
Le immagini dell’intervento della artista visiva tedesca, nata in Iran, e per la prima volta in Italia, grazie alla collaborazione di due fondazioni con la GAM di Milano. Ripartono le Furla Series
Con Misfits di Nairy Baghramian, la Fondazione Furla rinnova l’impegno nella promozione dell’arte contemporanea e inaugura il terzo appuntamento di Furla Series, il ciclo di mostre ed eventi ideati e prodotti in collaborazione con le più importanti istituzioni d’arte italiane. Il programma di Furla Series, avviato nel 2017, ha visto avvicendarsi a Milano alcuni tra i più significativi nomi della scena artistica nazionale e internazionale, portando i linguaggi della contemporaneità a rileggere le sedi museali e le collezioni della città, in un reciproco scambio di significati e stratificazioni di pensiero e possibilità. Dopo gli spazi del Museo del Novecento prima e poi di Triennale Milano, il progetto si arricchisce ora del nuovo racconto immaginato dall’artista di origini iraniane per la Galleria d’Arte Moderna di una Milano finalmente primaverile e riaperta alla cultura.
LA PERSONALE DI BAGHRAMIAN
Curata da Bruna Roccasalva e prima personale di Nairy Baghramian in un’istituzione italiana, Misfits offre uno spazio riflessivo per interrogare, attraverso la scultura, la relazione tra l’oggetto estetico e il contesto istituzionale in cui esso è collocato, e diventa occasione di sintesi di elementi ricorrenti nella ricerca e nella pratica dell’artista. Nata a Isfahan nel 1971 e a Berlino dal 1984, il lavoro di Baghramian indaga, da due decenni, la forma scultorea, la sua fisicità e insieme il potenziale politico ad essa intrinseco, nonché il complesso rapporto che intercorre tra la scultura, il corpo umano, lo spazio e il tempo, i diversi contesti politici e sociali che l’opera d’arte va ad abitare. Ad aprire il percorso espositivo al piano terra della GAM, e a suggerire, anche, l’intento globale del progetto, è Jumbled Alphabet, ritratto fotografico – “scorretto”, suggerisce la curatrice nel testo che accompagna la mostra – di una bambina, una piccola ribelle imbronciata e nient’affatto intenzionata a rispondere in modo conciliante alle aspettative di uno scatto da stereotipo. Cinque sono gli ambienti del museo milanese attraverso cui si snoda un dialogo, giocoso e riflessivo, tra lo spazio interno e lo spazio esterno: un intreccio di forma e di senso tra le decorazioni neoclassiche di Giocondo Albertolli, gli stucchi pastello e i marmi e gli specchi, e il “giardino dei bambini”, il giardino all’inglese di Villa Reale in cui, per regolamento e rovesciamento, agli adulti non è consentito l’accesso, a meno che – a giustificare la loro presenza – non siano accompagnati da un minore.
LA COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE HENRAUX
Proprio a partire da questo specifico contesto, la riflessione di Baghramian trova forma e corpo in grandi sculture in marmo prodotte con il prezioso contributo della Fondazione Henraux e in fusioni in alluminio dipinto e legno, per “intervenire sugli spazi che segnano un confine”, e sceglie il gioco come “dispositivo educativo” , spiega Roccasalva, e come grimaldello concettuale. In un continuo rispecchiamento e dialogo tra i diversi moduli scultorei disposti in modo rarefatto nelle sale e nel giardino, l’artista suggerisce infatti e ripercorre un gioco che tutti abbiamo sperimentato, quello degli incastri tra le diverse forme, che si immagina possano qui avvenire ancora e che invece non funzionano e non funzioneranno. Levigate, curatissime e in colori invitanti, eppure mai puramente decorative, le opere richiamano il contesto e sembrano, al tempo stesso, ordire gentili sgambetti percettivi a uno spettatore-giocatore che non può che esercitarsi, con la serietà che del gioco è propria, ad accettare l’inadeguatezza, l’eventualità dell’errore nelle proprie aspettative.
– Cristina Masturzo
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