L’antica falegnameria diventa polo per l’arte. A Venezia inaugura Spazio Berlendis
L’ex Squero Fassi, falegnameria tra le più antiche di Venezia, riapre i battenti e sfoggia una nuova veste. Quella dello Spazio Berlendis, il promettente hub espositivo inaugurato in un’area della città ad altissimo potenziale.
Quando apre i battenti una nuova sede espositiva improntata alla ricerca artistica, la notizia procura sempre un moto di gioia. Se a fare da cornice alla new entry è una città come Venezia – preda, nonostante la spada di Damocle della pandemia, della stritolante monocoltura turistica ‒, la soddisfazione è doppia.
I riflettori lagunari in questi giorni sono puntati sullo Spazio Berlendis, frutto di un poderoso intervento di riqualificazione dello Squero Fassi, detto anche Squero Vecio, ex falegnameria nautica a pochi passi dalle Fondamenta Nove.
LO SPAZIO BERLENDIS A VENEZIA
Trecento metri quadrati di superficie tornano in vita nel rispetto della struttura originaria grazie a un restauro minuzioso, che individua nella luce e nell’ampio respiro ambientale i suoi punti di forza. Voluta da Matilde Cadenti ed Emanuela Fadalti – già alla guida della galleria veneziana Marignana Arte – la rinascita dello squero, che oggi trae il nome dalla corte adiacente e dal neoclassico Palazzo Berlendis, è espressione della volontà di regalare linfa a un tessuto culturale oggi quanto mai desideroso di trame inedite. Ideato non solo come polo espositivo ma come vero e proprio hub finalizzato allo sviluppo di azioni artistiche – tra gli obiettivi futuri c’è anche un programma di residenze –, Spazio Berlendis schiude le porte alla città con una mostra che le rende omaggio.
Rincontrarsi a Venezia pone l’accento su un gesto – quello dell’incontro, appunto – proibito durante le fasi più acute dell’emergenza sanitaria, riunendo le opere di otto artisti che, attraverso linguaggi complementari, danno forma alla relazione con l’altro da sé. Come sottolineato dal filosofo Jonathan Molinari nel testo di accompagnamento alla mostra, tempo, sorte, nostalgia e fisicità sono alcuni dei temi legati a doppio filo alla logica dell’incontro, che sembra procedere su piani alternati di separazione e avvicinamento.
GLI ARTISTI IN MOSTRA ALLO SPAZIO BERLENDIS
Se i minuziosi carboncini fotografici di João Vilhena negano allo sguardo qualsiasi ipotesi di prossimità, pur evocando un voyeurismo sottile, che trova terreno fertile anche nei tasselli del puzzle di Un-separables, la fluidità acquatica in loop di Fabrizio Plessi sembra annullare un prima e un dopo, sommergendo letteralmente i limiti del tempo e i gradi di separazione. Maurizio Pellegrin, invece, in Cameras, concede allo sguardo un breve margine di manovra tra gli oggetti selezionati dall’artista e innesca con l’occhio dell’altro un catena di incontri a corrente alternata. Per Francesca Woodman l’incontro è con l’assenza – del corpo, reso evanescente, eppure protagonista indiscusso ‒, così come per Francesco Candeloro, che “inscatola” metaforicamente le singole individualità tenendole lontane una dall’altra. Il gioco di rispecchiamenti, inevitabile quando si parla di incontro, emerge dai Six Breaths di Maurizio Donzelli ‒ che avviluppa l’occhio in un sistema anamorfico nel quale il riflesso svolge un ruolo funzionale all’esistenza stessa dell’opera ‒ e dai due scatti di Ferdinando Scianna. Qui lo sguardo che governa l’obiettivo restituisce un dettaglio di esperienza del mondo sospeso nel tempo, lasciando allo sguardo la possibilità di immedesimarvisi e di costruirvi attorno una narrativa ogni volta diversa. L’idea di narrazione innerva anche le due sculture in fibra di vetro di Toots Zynsky: è la luce a comporre un racconto dell’oggetto, con esiti mutevoli a seconda dell’ora del giorno in cui l’elemento luminoso incontra la materia e ne plasma i confini.
UN INCONTRO DI GALLERIE
I re-incontri suggeriti dalla mostra inaugurale dello Spazio Berlendis trovano eco anche nella collaborazione fruttuosa con alcune gallerie veneziane – Alberta Pane, Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery, Caterina Tognon, La Galleria di Dorothea Van der Koelen, Ikona, Marignana Arte, Galleria Michela Rizzo, Victoria Miro –, rappresentate dai lavori di un loro artista. Un gesto dettato dalla volontà di “fare rete” che da qualche anno orienta le attività della scena galleristica lagunare.
‒ Arianna Testino
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