A proposito del goffo toro di Torino, ennesima opera di arte pubblica non necessaria in Italia

Panciuto e mansueto, il toro di Nicola Russo vuole rappresentare la ripartenza della città liberata dal lockdown. Ma è solo l’ennesima operazione di arte pubblica retorica, senza progetto, senza meritocrazia e dall’estetica imbarazzante

Se andate a Torino da qui ai prossimi tre mesi potreste imbattervi in una panciuta creatura situata in tre punti nel centro storico: via Lagrange 31, piazza Arbarello e piazzale Valdo Fusi. Si chiama TOH, ed è l’opera alta circa due metri donata alla città da Nicola Russo, napoletano di nascita e torinese d’adozione; sculture di dimensioni più ridotte, invece, andranno all’asta e il 20% del ricavato sarà donato alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Non si tratta di un ippopotamo (le sembianze ingannano), bensì di un toro sovrappeso che nella fantasia dell’artista rappresenta l’animale incastonato nei Toret, le tipiche fontanelle pubbliche torinesi, dalle quali si sarebbe finalmente “liberato” (!) per approdare nelle strade della città. Metafora della maniera in cui la società è tornata alla vita libera dopo mesi di lockdown (!!).

Toh, la scultura di Nicola Russo a Torino

Toh, la scultura di Nicola Russo a Torino

TOH, LA SCULTURA SALUTATA CON ENTUSIASMO DALL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

L’artista ha provato ad immaginare lo ‘stato d’animo’ dell’animale, di cui appunto vediamo solo il capo, chiuso in una fontana senza poter uscire, paragonandolo ad una situazione come quella obbligataci dalla pandemia e che ha fatto parte della nostra recente attualità”, ha scritto sul proprio canale Facebook la sindaca di Torino Chiara Appendino, presente alla cerimonia di inaugurazione della statua, che ricorda vagamente la mascotte di un parco divertimenti. “Allora si è immedesimato in quel toro, che, vedendo una situazione di incertezza, di smarrimento nella sua Torino, decide di esporsi, di fare un gesto quasi eroico per dare un segno di cambiamento e spronare l’opinione pubblica. Così l’ha immaginato rompere con forza il metallo e venir fuori. E così è nato TOH, dando nuova vita a un simbolo molto caro ai torinesi perché diventi un manifesto di rinascita e di inclusività al tempo stesso”.

TOH, UNA RETORICA DA ARTE PUBBLICA

“Toh, un’altra operazione di arte pubblica gestita con superficialità”, sarebbe il caso di dire. Dopo la recente presentazione di “Piazze Romane”, che ha visto le piazze dei centri storici di Roma riempirsi di porchette e installazioni improbabili realizzate dagli studenti di un’accademia, il mansueto toro si inserisce nella schiera di opere senza senso condite di vuota retorica (e il “ripartiamo dalla cultura” dopo il Covid è stata quella più quotata, da nord a sud). Del resto si sa, l’arte pubblica rappresenta sempre un campo insidioso, alla mercé di un pubblico ben più ampio dei soliti addetti ai lavori. Ma in una Torino conosciuta a livello internazionale per la fiera italiana più innovativa in materia di contemporaneo, capace di mettere a sistema gallerie e istituzioni, con progetti e eventi sparsi su tutto il territorio, ci si aspettava sicuramente di più. Un esempio lampante è Luci d’Artista, che ogni anno – ormai da più di vent’anni – dissemina per la città affascinanti installazioni luminose dei più grandi artisti del mondo. Opere di grandissimo valore che non hanno nemmeno bisogno del “pretesto” della beneficenza per sottolineare il proprio valore. In sintesi, la formula risulta sempre la stessa: quando non ci si rivolge a chi di competenza – magari attraverso bandi e concorsi all’insegna della meritocrazia – si rischia di ottenere un risultato cringe. Risultati di questo pressappochismo rischiano di far passare il messaggio che l’arte sia una terra di nessuno, uno strumento da mettere nelle mani di chi vi appiccica sopra lo slogan più facile da digerire. Oltretutto quando si lavora alla carlona sindaci e politici di ogni colore sono sempre pronti a sostenere, quando invece si propongono progetti di autentica qualità i pubblici amministratori latitano o se ne disinteressano.

-Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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