È morto l’artista, fotografo e regista francese Christian Boltanski

È mancato all’età di 76 anni Christian Boltanski, artista, fotografo e regista francese.

È mancato all’età di 76 anni (ne avrebbe compiuti 77 il 6 settembre) Christian Boltanski, artista, fotografo e regista francese. Una storia affascinante e rocambolesca la sua e quella della sua famiglia, narrata magistralmente dal nipote Christophe nel romanzo Il nascondiglio.
Nato a Parigi da padre ucraino di origine ebraica, medico, e madre di origine corsa, la scrittrice Annie Lauran, Boltanski è noto in tutto il mondo per le sue opere straordinarie che narrano i temi esistenziali della vita e della morte attraverso sapienti giochi di luce. In Italia è stato una presenza costante che ha raggiunto i suoi apici nel monumento alle vittime della strage di Ustica nel famoso museo bolognese della Memoria. Ma anche nello splendido Padiglione francese alla Biennale di Venezia del 2011 curato da Jean Hubert Martin con l’esposizione dal titolo Chance.

GLI ESORDI E IL SUCCESSO

Comincia a farsi strada nel mondo dell’arte con la pittura a soli 13 anni, verso la fine degli anni ’50. L’amore per questa pratica lo abbandona solo 9 anni dopo, quando venticinquenne lascia i pennelli, unendo elementi fotografici, di scrittura, autobiografici in quella sperimentazione che gli valse la capacità di affascinare il mondo intero, raccontando i misteri dell’esistenza in installazioni profonde e allo stesso tempo eteree. Delle sue prime opere conosciamo poco, molto è andato distrutto. Il tema autobiografico accompagna fin dagli inizi anche la sua attività nel cinema, con il primo film nel 1968 intitolato eloquentemente La Vie Impossible de C.B. Non c’è tuttavia attaccamento al realismo nelle opere di Boltanski: l’elemento fiabesco, la danse macabre, la leggerezza quasi spirituale delle sue installazioni accompagnate da un chiaroscuro pittorico e fortissimo fanno il resto, allontanandoci dal mondo delle cose terrene per entrare in una dimensione extrasensoriale. Forse per questo il pubblico lo ha molto amato. Questo gioco tra realtà e fiction torna prepotente anche nel famoso libro 10 Portraits Photographiques de Christian Boltanski, 1946-1964, un libro d’artista con ritratti di sconosciuti, bimbi e giovani tra i due e i 20 anni che vengono indicati come l’artista nelle sue varie fasi d’età. “Tutte le fotografie“, si legge nel catalogo, “sono state scattate un pomeriggio da Annette Messanger (anche lei grande artista francese e moglie di Boltanski, ndr), a Parigi. Solo l’ultima fotografia ritrae davvero Christian Boltanski, ma all’età di 28 anni e non di 20″. Nel 1972 presenta a Documenta a Kassel, L’Album de la famille D. opera che rappresenta l’inizio della sua carriera internazionale, con le immagini dell’album di famiglia di un amico, semplici e banali. Boltanski, artista accumulatore, spiegherà: “Non apprendiamo nulla da questo album circa la vita familiare dei D. Queste immagini di riti familiari ci riportano ai nostri stessi ricordi, ai nostri album fotografici. Sono tutti quasi identici. Non rappresentano la realtà, ma quella dell’album fotografico”. A Documenta tornerà nel 1987, mentre parteciperà alla Biennale di Venezia nel 1986.

L’ARTE SECONDO BOLTANSKI

“Per me i vestiti usati, le registrazioni dei battiti cardiaci, le immagini fotografiche sono tracce di identità perdute, oggetti di cui il soggetto è scomparso”, aveva raccontato in una bella intervista di Claudio Musso, ad Artribune. “Tutti possono condividere l’esperienza di trovare le scarpe di un caro estinto e vedere l’impronta nella calzatura, la sua presenza in assenza. Quello che sto cercando di fare nei miei lavori più recenti è creare una sorta di leggenda, sono convinto che un racconto, un mito, sia più potente di un’opera. A settembre andrò di nuovo in Patagonia per seguire la costruzione di una grande tromba che, suonata dal vento, riprodurrà il verso delle balene, un’opera molto difficile da trovare perché situata in un luogo remoto, senza telefoni o strade tracciate. Ciò che mi interessa è la sopravvivenza del racconto di un uomo che ha costruito quell’opera, non l’opera in sé.
Il mio lavoro attualmente si divide in due tipologie: una serie di lavori atti a creare una mitologia e una serie di installazioni di grandi dimensioni ricostruite ogni volta che vengono presentate. Come nel caso di Personnes, partita dal Grand Palais di Parigi e approdata a Milano, Tokyo e New York, distrutta e ricostruita ogni volta come accade ai templi giapponesi”. Memoria e inconscio tornano prepotenti nel lavoro del maestro francese che si appropria di oggetti, piccoli pezzi di vita altrui, sostituendoli ai propri ricordi e costruendo una nuova narrazione, quella della memoria affettiva. Molte le mostre in tutto il mondo e tanti gli omaggi dedicati in Francia. Tra questi le mostre a La Monnaie, e anche una fortunata retrospettiva tra il 2019 e il 2020 al Centre Pompidou, intitolata Christian Boltanski : Faire son temps.

IL COMMIATO DI VIRGINIO MEROLA E DEL MONDO DELL’ARTE

Non a caso, arriva da Bologna il commiato del Sindaco Virginio Merola, che commenta: “Da Parigi arriva una notizia molto triste, con la scomparsa di Christian Boltanski se ne va un grande amico di Bologna che ha fatto molto per questa città. Un artista eccezionale che ha saputo rappresentare la strage di Ustica nell’installazione permanente al Museo della Memoria: un’opera che non permette di essere indifferenti rispetto a quella tragedia che è costata la vita a 81 persone. Il suo rapporto con l’Associazione dei parenti delle vittime era autentico e profondo.
Boltanski è stato anche il protagonista del progetto speciale che la città gli ha dedicato nel 2017 e al quale lui stesso ha collaborato. Un percorso molto importante e di grande successo che ha visto emergere diversi luoghi della città dal centro alla periferia. Nel 2018 ha ricevuto la laurea ad honorem in scienze storiche e orientalistiche dall’Università di Bologna e so che teneva molto a questo riconoscimento, assolutamente meritato. Lo piangiamo con l’affetto che merita una persona che ci ha dato così tanto”. E cominciano ad arrivare parole di cordoglio dal mondo dell’arte. Un immenso artista, un grande amico: Christian Boltanski, scrive via Facebook Danilo Eccher. Anche il MAMbo di Bologna interviene: “Lo staff del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ricorda con affetto e stima le numerose occasioni in cui ha avuto l’emozionante privilegio di collaborare con l’artista francese”, scrivono dall’istituzione. “Boltanski ha sempre mantenuto un forte legame con la nostra città: fu protagonista della mostra antologica Pentimenti a Villa delle Rose nel 1997, in occasione della quale lasciò al museo l’opera Les Regards, appositamente realizzata in omaggio ai partigiani  commemorati al Sacrario di Palazzo d’Accursio; autore dell’installazione permanente A proposito di Ustica presso il Museo per la Memoria di Ustica nel 2007, una delle opere d’arte contemporanea più suggestive e amate presenti a Bologna; nuovamente protagonista del progetto speciale Anime. Di luogo in luogo. Christian Boltanski a lui dedicato dalla città di Bologna nel 2017; nel 2018, infine, fu insignito della Laurea honoris causa in Discipline storiche dall’Università degli Studi di Bologna. Il Consiglio di Amministrazione, la Direzione e tutto lo staff dell’Istituzione Bologna Musei lo ricordano con rimpianto e commozione per la sua grande generosità umana e per la capacità di evocare con le sue opere – talvolta con toccante profondità, talvolta con delicata ironia – l’inestricabile intreccio tra i grandi eventi storici, la fragilità delle vite individuali e i processi di trasmissione della memoria”. E c’è chi ancora non ci crede e riesce solo a scrivere “una gravissima perdita”.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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