Dall’animazione al cinema. 5 artiste marchigiane in mostra ad Ancona
La leggendaria scuola d’arte di Urbino esplorata nei suoi talenti femminili: Mara Cerri, Magda Guidi, Claudia Muratori e Beatrice Pucci, insieme all’artista Rosa Foschi, espongono un cinema di animazione ancora poco visibile al grande pubblico, insieme ai loro percorsi di produzione per l’ottava edizione del Festival Cinematica.
Il senso dell’inquieto e dell’inquietante che solo gli artisti marchigiani sanno percepire nella dolcezza curvilinea del loro paesaggio, nell’ultimo film di Mara Cerri e Magda Guidi; il colore graffiato da un segno netto, “perimetro di pelle e contenitore dell’inimmaginabile”, nei video di Claudia Muratori; il “binomio fantastico”, per dirla con Gianni Rodari, creato dalla materia dei pupazzi e degli oggetti combinata al movimento nelle sculture in stop motion di Beatrice Pucci; insieme a un omaggio a un’animatrice storica, Rosa Foschi; ma soprattutto l’artigianalità del genere dell’animazione, caratteristica dei tanti maestri formatisi all’Istituto d’Arte di Urbino – tra i più noti, Roberto Catani, Gianluigi Toccafondo, Simone Massi – sono i protagonisti della mostra a cura di Bruno Di Marino che il Festival Cinematica ha il merito di presentare, riavviando una programmazione in presenza.
IL FESTIVAL E LA MOSTRA
Giunto alla sua ottava edizione e dedicato al tatto e al ritorno al contatto, il festival è ricco di appuntamenti ‒ dal talk su Corporeità e nuovi media con ospiti come Aldo Grassini, Presidente del Museo Statale Tattile Omero, il sociologo Derrick De Keerchove, la designer Maria Rosanna Fossati, tra gli altri ricercatori e professori dell’Università Politecnica delle Marche, al concorso internazionale di videodanza.
La mostra, ulteriore tassello del programma, suggerisce la trasformazione degli spazi della Mole Vanvitelliana, ex lazzaretto al porto di Ancona, in luogo di produzione di esposizioni che approfondiscano i tanti percorsi di arte contemporanea che le Marche possono ancora valorizzare.
Una piccola selezione, piccola non per intensità di contenuti ma perché l’immensità poetica che si sprigiona da questo genere del disegno animato, nonché la specificità della scuola di Urbino, che pone le Marche come centro di riferimento del suo mondo produttivo, con artisti e opere premiati dai festival di tutto il mondo, pretenderebbe spazi e riflessioni ben più ampi, al di là del coraggioso inizio di approfondimento che la direttrice artistica ha pensato e fortemente voluto, utopicamente durante la pandemia.
OCCHI PUNTATI SULL’ANIMAZIONE
Artigianalità, si diceva, nel senso di contatto con la materia e con il tempo, inevitabilmente lungo, di lavorazione: nel film Sogni in campo, a cui Cerri e Guidi hanno lavorato dal 2012 al 2020, c’è anche lo scorrere di questo tempo, le sequenze di disegni assecondano i mutamenti del film e il mutare della vita e degli stati d’animo delle artiste. Nei video di Claudia Muratori è il movimento a diventare demiurgo delle immagini: l’immaginazione si muove grazie all’animazione, che fa uscire dal vortice della matericità del colore i pensieri, i sogni e le visioni. In Beatrice Pucci la tridimensionalità è ancora più evidente nelle sue raffinatissime sculture in cui l’energia sprigionata dai materiali si combina con l’animazione e diventa creatrice di mondi che non abitano il reale, ma in cui l’elemento perturbante della fiaba esplora gli abissi del pensiero. Conclude l’esposizione, che con i suoi disegni, pupazzi, pellicole, collage è anche una riflessione sulla processualità e sulla pluralità delle tecniche dell’animazione, un omaggio a Rosa Foschi, artista nata a Urbino, che tra la fine degli Anni Sessanta e gli inizi dei Settanta ha realizzato sei cortometraggi con collage fotografico e truka.
Insomma, come scrive il curatore Di Marino: “’Camera Animata’ è l’occasione non solo per celebrare un’arte ancora poco valorizzata come quella dell’animazione e dell’animazione nostrana in particolare, ma anche per mostrare meglio quanto e come essa sia riconducibile al contesto delle arti visive, ampliando così la nostra cultura visuale, all’insegna di una vocazione in cui l’estetica dell’intermedialità non sia una vuota e banale formula alla moda, ma sia invece foriera di nuovi scambi, sviluppi e prospettive”.
‒ Annalisa Filonzi
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