Fabrizio Sannicandro, l’artista che trasforma le parole in pittura

L’Abbazia di Propezzano, in provincia di Teramo, accoglie le “Voci” di Fabrizio Sannicandro, capace di disegnare un racconto corale declinando la parola scritta in pittura.

L’ampio percorso offerto da Fabrizio Sannicandro (Teramo, 1965) a Morro d’oro, negli splendidi spazi dell’Abbazia di Propezzano, è una riflessione sul mettersi all’ascolto dell’altro per concepire la catalogazione visiva di racconti, di tracce legate al vissuto di interlocutori che si aprono all’artista per dirgli e dargli alcuni strumenti indispensabili da cui partire: lettere, più esattamente, trasformate in una storia polifonica, in un poetico tessuto corale. Con questo suo progetto le vite degli altri – Vite è del resto il titolo della mostra – sono infatti al centro di uno spostamento semiotico, di uno slittamento che muove da una sfera scritturale e sotto alcuni aspetti confidenziale (per la curatela è stata scelta intelligentemente una psicologa, Ilaria Ponzi) a una di natura più strettamente iconica, allungata alla visualità e allargata alla scelta, al punto di vista dell’artista.

IL PROGETTO DI FABRIZIO SANNICANDRO

Ad aprire la mostra è un grande mosaico di 48 carte – Segni di vite (2021) – nate appunto dalla traduzione visiva di lettere e racconti e poesie che una serie di persone hanno inviato a Sannicandro con l’idea di farne un fondamento comunitario, un insieme – e anche se vicinissimo al vivente – separato da una incolmabile distanza. In una sorta di studiolo si apre una nuova pagina dell’itinerario che mostra queste relazioni con l’altro: qui troviamo tutti gli scritti e le presenze mute che hanno deciso di scrivere all’artista, di confidarsi – “Ho capito che la mia più grande paura è l’abbandono”, leggiamo in una delle tante – e di trasmettere quei pensieri quotidiani che affollano la mente umana.
Ci sono poi delle tele, ampie, in alcuni casi monumentali, dove l’artista presenta fascicoli di vita vissuta, congelata elegantemente in un attimo, in un battito, quasi a recuperare alcuni lineamenti illustrativi cari ai maestri del Barocco, l’attenzione da loro mostrata nel darci immagini straordinarie di eleganti mitologie – Guido Reni è stato grandioso nel ritagliare la corsa frenata della gara tra Atalanta e Ippomene.

Fabrizio Sannicandro, Vite, 2021, installation view at Abbazia di Propezzano (TE)

Fabrizio Sannicandro, Vite, 2021, installation view at Abbazia di Propezzano (TE)

DALLA PAROLA ALLA PITTURA

La compattezza con cui sono tracciate le forme e la maestosità dei corpi che si muovono sulle circa 35 tele proposte da Fabrizio Sannicandro in questo suo nuovo disegno (dove queste tele sono tratti, tracciati, interpuntive stazioni indispensabili) rimandano ad alcune plasticità di Sironi, al Capogrossi degli Anni Trenta o a certe geometricità di un infallibile Renato Guttuso: ma a ben vedere i suoi sono atti di parola che si traducono in atti di pittura, sono relazioni in essenza ed esistenza e resistenza, circuiti grammaticali dove trovano un giusto nesso le parole, i concetti e le cose: e questo succede anche quando, con quella disarmante Vicinanza (2021), l’artista sembra richiamare – almeno per intensità – alla memoria El beso (1859) di Francesco Hayez o Les Amants (1928) di René Magritte.

Antonello Tolve

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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