L’arte “comunitaria” di Ibrahim Mahama è in mostra a Brescia
Le porte di APALAZZO gallery a Brescia si aprono per ospitare la seconda personale di Ibrahim Mahama. Un percorso espositivo che mette al centro il rapporto tra l’architettura e le forme viventi.
Ibrahima Mahama (Tamale, 1987) torna a Brescia con un nuovo corpus di lavori costituito da collage, disegni e scritti, dando vita, in collaborazione con Francesca Migliorati, fondatrice della galleria APALAZZO, a un nuovo dialogo con le sale del cinquecentesco palazzo signorile Cigola Fenaroli. La mostra As the void, vali and voli è un gioco tra diversi significati in lingua Dabgani, richiamando un’idea di movimento che, dal terreno, risale anche attraverso aperture anguste, buchi e cunicoli. L’artista, riferendosi a forme di vita non umane, guarda alle fragilità della vita e alla possibilità di espansione e di creazione di nuovi processi artistici e rappresentativi.
I pipistrelli sono, secondo l’artista, simbolo di questa libertà di azione in quanto principali occupanti delle architetture abbandonate nel territorio ghanese e, per questo, sono il filo conduttore dei lavori presentati: quaderni di appunti e disegni come espressione del processo intellettuale legato alla ricerca e documenti di archivio del periodo post-coloniale come lascito delle acquisizioni e delle cessioni di edifici.
LA RICONVERSIONE DEGLI EDIFICI ABBANDONATI IN GHANA
Gli anni trascorsi a fare ricerca nella regione settentrionale del Ghana hanno portato l’artista a confrontarsi con il peso titanico della storia, incarnato dalle strutture post-coloniali realizzate in cemento e sparse nei territori rurali del suo Paese. La storia è, in questi termini, un macigno che si impone attraverso il vuoto e l’assenza, e mette in luce la disillusione delle speranze politiche vissute dalla popolazione in seguito all’indipendenza.
L’ARTE COLLETTIVA DI MAHAMA
A questa sensazione di abbandono, Mahama risponde con l’acquisizione e la trasformazione di questi spazi in luoghi aperti alle comunità locali con attività che si rivolgono soprattutto alle generazioni più giovani. La sua è definibile a tutti gli effetti “opera d’arte collettiva” in quanto, come per la fondazione del Savannah Centre for Contemporary Art (SCCA) a Tamale e per l’ambizioso progetto Red Clay Studio, l’artista pone al centro del suo lavoro la destinazione educativa, partecipativa e condivisa degli spazi intesi come possibilità di nuova riappropriazione sociale e culturale.
‒ Livia Milani
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