KORA. Nasce un nuovo centro per l’arte contemporanea in Puglia
Da luogo simbolo della città, il Castello di Castrignano diventa spazio di produzione e ricerca dedicato non solo alle mostre, ma anche ai laboratori didattici con annessa biblioteca, bar, bookshop e un’area per i più piccoli. A un mese dall’apertura di KORA, abbiamo parlato con Claudio Zecchi, uno dei quattro curatori della mostra inaugurale.
Dall’eredità di Lastation in pochi mesi è nato KORA – Centro del Contemporaneo, ospitato nell’antica fortezza medievale conosciuta dalla comunità di Castrignano de’ Greci, in provincia di Lecce, come Palazzo de Gualtieris o meglio Il Castello.
Quella di Lastation è una favola a lieto fine inaugurata con la nuova apertura di uno spazio plurale, un luogo storico in dialogo con la comunità che, anche attraverso la prima mostra, Home Sweet Home, esplorazioni dell’abitare, ideata da Ramdom e a cura di Paolo Mele, Alessandra Pioselli, Davide Quadrio e Claudio Zecchi, racconta le dinamiche relazionali che si sviluppano a partire da quel nucleo intimo e quotidiano che identifichiamo come casa ed esplodono oltre.
Le vaste sale del castello accolgono le opere di oltre 40 tra artisti e progettualità che come Ramdom abitano il sud, il Mediterraneo o le sponde dell’Atlantico. Tra questi: Guilmi Art Project (Guilmi, Abruzzo), A cielo aperto (Latronico, Basilicata), ma anche Sursock Museum (Beirut, Libano) e Sakya (Ramallah, Palestina), solo per citarne alcuni, e artisti come Andrea Anastasio, Yu Araki, Elena Bellantoni, Carlos Casas, Casa a Mare, DAAR (Decolonizing Architecture Art Research), Formafantasma, Fernanda Fragateiro, Ishu Han, Eva Hide, Alfredo Jaar, KairUs, Leticia Lampert, Tatiana Macedo, Elena Mazzi, Neri & Hu, Liliana Ovalle, Parasite 2.0, Jacopo Rinaldi, Emilio Vavarella, Zimmerfrei e Gianni D’Urso, ultimo artista ospitato lo scorso anno nella residenza dell’ex casa- stazione ferroviaria di Gagliano del Capo, il quale ha realizzato un’opera dal titolo Home Sweet Home, che ha offerto lo spunto di partenza per l’intera esposizione.
KORA AL CASTELLO DI CASTRIGNANO
Per il percorso di mostra e l’organizzazione generale, strutturata per i prossimi dieci anni, Zecchi ci racconta: “La mostra non è così semplice, soprattutto in un posto dove tutto va costruito e dove dobbiamo ancora renderci conto di quali siano i pubblici e di come approcciarci. Tutti hanno capito che si tratta di una mostra profonda, con una ricerca importante frutto del lavoro che tutti e quattro abbiamo sviluppato in questi anni“.
Il passaggio da Lastation al Castello di Castrignano non è facile, anche se l’intero impianto espositivo e logistico ridisegna dinamicamente il complesso monumentale con una serie di attività che coinvolgono periodicamente anche gli abitanti del luogo. “Il percorso è lungo”, prosegue Zecchi, “ci siamo appena avvicinati al territorio e capiamo che lo abbiamo fatto con una mostra che non è semplicissima. Noi siamo abituati a costruire progetti o mostre che in generale sono sempre il risultato di un processo di ricerca e confronto con il territorio e le comunità che lo vivono. In questo senso il pubblico puoi intercettarlo e accompagnarlo alla comprensione del lavoro che stai facendo in itinere, mentre nel caso di ‘Home Sweet Home’, mancando la parte processuale, stiamo lavorando molto sulla narrazione delegando al potere del racconto le possibili chiavi d’accesso al linguaggio dell’arte contemporanea“.
IL RAPPORTO CON IL TERRITORIO
In un periodo in cui la Puglia è sempre più preda di un colonialismo selvaggio, con la compiaciuta approvazione delle amministrazioni locali e regionali prive di una visione culturale e artistica, Zecchi precisa che con KORA “il percorso va costruito nel tempo. Si tratta di un atterraggio importante, perché la mostra vale anche come una dichiarazione di intenti. Non è solo una mostra di contenuti, ma è anche espressione di un’intenzione programmatica e di una metodologia di lavoro. Ad esempio non ha una data di chiusura, è una mostra di ricerca in progress in cui nuovi artisti e progettualità entreranno nel tempo. Questo significa che la relazione tra lo spazio e le opere, tra le opere stesse e tra le opere e i visitatori sarà costantemente ripensato, ridisegnato e rinegoziato. La mostra diventa quindi una sorta di dispositivo performativo in cui nulla viene dato una volta per tutte e in cui noi stessi, come curatori, dobbiamo rimetterci continuamente in gioco“.
FUORI DAL MUSEO
Lontano dalle pure dinamiche museali, il curatore precisa inoltre: “Per ora non vogliamo presentare KORA come un museo, il museo potrebbe essere un obiettivo, una delle possibilità, ma per arrivarci ci vuole un percorso. KORA è un progetto in essere, un progetto che stiamo costruendo e cosa sarà esattamente lo capiremo nel tempo. Da qui l’idea del Centro del Contemporaneo, una definizione dai confini più ampi che ci permette una maggiore apertura sia rispetto alle proposte che vengono da fuori, dal nostro network di relazioni che abbiamo costruito attraverso un lavoro ormai decennale, sia rispetto alla relazione con gli altri soggetti dell’ATI che vivono gli stessi spazi di lavoro”.
Ma cosa si farà a KORA? “KORA è un progetto multidisciplinare che prevede programmi di residenze, produzioni, mostre, proiezioni, masterclass e performance musicali. È chiaro che gestire questi spazi non sarà semplice, ma decisamente una sfida affascinante”, ammette Zecchi. “Con ‘Home Sweet Home’ abbiamo posizionato la lente d’osservazione all’altezza del nostro ombelico e chiaramente riflette in parte quello che ci è successo avendo dovuto abbandonare Lastation, ma questo è stato solo il punto di partenza. Il fil rouge che unisce tutte le opere esposte è invece un interrogativo su come abitare gli spazi nei prossimi anni, ritenendo questi sempre il risultato delle relazioni che produciamo. Un interrogativo che è stato lanciato e che, in questo momento, non cerca necessariamente una risposta”.
LECCE E IL CIRCUITO DEL CONTEMPORANEO
Guardando alle dinamiche dell’arte contemporanea portate avanti negli ultimi tempi da artisti, spazi indipendenti e curatori militanti che fanno brillare il territorio per dinamismo, mostre e interesse, emerge l’ipotesi che Lecce possa seguire l’esempio di altre città italiane nelle quali vige uno strutturato sistema dell’arte. A tal proposito Claudio Zecchi conclude: “L’infrastruttura è importante ma non vedo perché la Puglia dovrebbe imitare realtà che già esistono. La Puglia potrebbe essere un modello diverso di produzione culturale, non ha bisogno di avere manifestazioni che esistono già altrove. È chiaro che più l’ecosistema è completo, più diversità d’offerta c’è e più si amplia la possibilità del confronto e del dialogo. Tutto questo è benvenuto, ma la Puglia può tracciare una sua linea che permette di ripensare politiche e modelli culturali propri. KORA non è chiaramente l’unico modello possibile, ce ne sono altri interessanti che già regalano una pluralità di offerta al territorio. La cosa più importante è costruire una rete e attivare il dialogo“.
‒ Giuseppe Amedeo Arnesano
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