Noto: la mostra di Francesco Lauretta nella luce siciliana
Affonda le radici nelle atmosfere della Sicilia, sua terra di origine, la pittura di Francesco Lauretta, in mostra a Noto, a Palazzo Nicolaci.
Nella non facile cornice di Palazzo Nicolaci a Noto sono ospitate almeno cento opere di Francesco Lauretta: si tratta di tele e disegni su carta di diverso formato eseguiti a olio, fusaggine e inchiostri in un arco di tempo compreso tra il 2002 e oggi. Contornata da una melassa di mostre mostriciattole e mostricine spalmate tra Siracusa e Modica senza altro criterio se non quello di fornire un’alternativa turistica a luna park e sagre paesane, questa personale emerge come una delle poche perle disposte sulla costa orientale sicula in questo caldissimo agosto 2021.
CHI È FRANCESCO LAURETTA
Lauretta vive a Firenze ma è nato a Ispica nel 1964, all’estremo sud della Sicilia; è un “pittore-pittore”, uno di quelli che si sporca le mani con colori e pennelli ogni giorno e dalla sua ha pure il vantaggio di essere un sorridente intellettuale, profondo musicofilo e imbarazzante (per chi prova a cimentarsi con lui) lettore di testi filosofici.
Lauretta ha fatto in ogni caso dell’isola che gli ha dato i natali il mondo che nutre il suo immaginario. Che non prevede però l’esangue pittoresco del Grand Tour, la cinematografia intrisa di mafia o bellezze turistiche. La sua Sicilia è la terra del rito, dove si venerano contemporaneamente le effigi dei santi, le rovine del mondo antico, i cognomi spagnoleggianti, il potere, la miseria e il cibo: un’ossessione, quest’ultimo, in Sicilia, come accade in poche altre parti al mondo. Un olio su tela di 180×220 centimetri, posto all’ingresso dell’esposizione, richiama immediatamente il display di dolci all’interno del celeberrimo Caffè Sicilia sul corso centrale di Noto, meta prediletta di Francesco, che è tremendamente goloso. La tela ritrae una mastodontica cassata siciliana, laccata di riflessi scintillanti. La luce però la sta già corrompendo: “Nel suo splendore c’è la sua fine. Nel centro del Mediterraneo, di questa luce, altissima e spietata, si vive e si muore: qui il sole è troppo forte e i dolci sono così dolci da risultare meravigliosi e insopportabili”, così, nell’azzeccatissimo testo introduttivo, la descrive Pietro Gaglianò, curatore della mostra.
LE OPERE DI FRANCESCO LAURETTA
Al centro di un’altra sala c’è un grande crocifisso (220 x145 centimetri) dipinto a olio: esattamente nella medesima posizione in cui si trova ora quello ligneo posato sulla destra dell’abside nella Basilica di Monreale a Palermo. Disposte a forma di croce, lo attorniano altre diciotto Deposizioni rese con ogni tipo di tecnica e formato. Solo La Dolorosa, un inchiostro su carta e chiodi di 55×58 centimetri, sta separato da tutti gli altri. E qui Il riferimento al Byung-Chul Han de La scomparsa dei riti diviene inevitabile. Così come tornano alla mente i concetti di “profanazione” e “parodia” espressi da Agamben in alcuni suoi celebri saggi. Forzature? Per niente, sono tutti testi che Lauretta snocciola senza imbarazzo nel descrivere il suo lavoro.
In Sorrisi, un olio su tela del 2017 che ha come soggetto una processione del venerdì santo, compaiono fedeli in corteo, cavalieri bardati, mentre figurine incongrue si aggirano qua e là.
È un dipinto di grandi dimensioni (220×145 centimetri), ma solo osservando da vicino, uno a uno, i suoi numerosi protagonisti, vengono alla mente le inquietanti maschere di Ensor.
Un’ultima stanza è dedicata a gruppi di lavoratori in pausa, dentro un cantiere o nei campi: Lauretta ha voluto questa ultima tela sorretta solo da una composizione di magnifiche cipolle bianche di Giarratana (ideali per cucinare alla brace) acquistate da uno dei mille venditori ambulanti che popolano la zona.
LA PITTURA DI LAURETTA
Quella di Lauretta è una pittura innovativa e antica al tempo stesso. Può lasciare interdetti per il fulmineo cambio di registro tra un‘opera e l’altra, ma non lascia scampo la fascinazione che raggiunge chi la osserva: tanto quella della pittura in sé quanto quella dei soggetti che questa pittura indica e Lauretta sa cogliere grazie alla profondità del suo complesso pensiero di artista.
‒ Aldo Premoli
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