Una riflessione sulla pandemia nella mostra di Stefano Tonelli a Volterra
Nella Sala Bianca dello storico Palazzo dei Priori, cuore pulsante della città di Volterra, vanno in mostra le opere recenti di Stefano Tonelli. Frutta di una profonda riflessione sull’epoca pandemica.
Stefano Tonelli (Montescudaio, 1957) torna dove la sua carriera cominciò, 29 anni dopo Volterra dell’angelo, progetto espositivo che aveva dedicato “a un piccolo angelo della Badia Camaldolese”. “Per questa mia ‘presenza’ a Palazzo dei Priori di Volterra”, scrive Tonelli, “ho attinto dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi […]: ‘Videmus per speculum in aenigmate’”.
Partendo da questa frase, l’artista si è dunque voluto soffermare sul concetto di “enigma” e su quanto efficacemente traduca il periodo storico e sociale di pandemia che il mondo ha affrontato e affronta ormai da un anno e mezzo.
LA MOSTRA DI TONELLI A VOLTERRA
Elemento caratterizzante questa mostra piccola ma immersiva è l’assetto curatoriale e allestitivo. Il percorso, suddiviso in due sale, si sviluppa proprio grazie agli ultimi lavori dell’artista: se i principali consistono in tele dipinte di diverse dimensioni appese alle pareti, occupano centralmente entrambi gli spazi altre due opere composte da una distesa di terra, la quale va a formare una passerella ovale nel primo ambiente e una collinetta nel secondo. Ciò che attira l’attenzione è la presenza di oggetti immersi nel materiale terroso, bottiglie nella prima stanza e pietre piatte nella seconda, dipinte e decorate da Tonelli.
Un tocco di ulteriore espressività è fornito dall’uso delle didascalie. Non si tratta di normali etichette riportanti il titolo delle opere e le informazioni pratiche o tecniche, bensì di riquadri bianchi che fungono da incipit per ogni lavoro, supportandolo con un titolo, il periodo di realizzazione e un breve testo narrativo. Quest’ultimo, composto talvolta da parole dell’artista, talvolta da citazioni o versi di poesie, permette un’immersione in quei teli colorati e dipinti. Non si tratta, dunque, di una didascalia, ma di un testo che è parte integrante dell’opera.
PITTURA E SUONO
A parlare non sono solo i quadri: anche le pareti e i soffitti della Sala Bianca si animano grazie a fogli raffiguranti volti ma soprattutto con piccole sagome di carta ritagliate in svariate forme che accompagnano le opere e fanno loro da cornice. Così, frammenti cartacei che richiamano la forma di petali, pianeti o semplicemente pietre sembrano fluttuare nello spazio bidimensionale e, insieme a una traccia sonora curata da Danny Lloyd ‒ il quale interviene sull’Erbame dich, mein Gott di J.S. Bach con suoni e rumori inerenti alla prima fase pandemica del 2020 –, rendono vivo l’ambiente.
L’insieme degli elementi visivi e sonori guida gli spostamenti da una parete all’altra, fino ad arrivare all’ultima opera esposta, che consiste in una candela la cui fiamma, su richiesta dell’artista, rimane sempre accesa. “È un pensiero per tutti coloro che hanno perso la vita in questo ultimo anno e mezzo e i loro familiari”, spiega Tonelli. “È anche simbolo della nostra parte migliore, quella che ci invita a fare del bene”.
‒ Sofia Caprioglio
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