Ritorno alle radici: l’artista Mike Nelson invade Palazzo dell’Agricoltore a Parma
Rami, falci e terra secca: i grumi umani e naturali dell’artista britannico prendono possesso degli spazi razionalisti spingendo i visitatori a una meditazione urbana non mediata
![Ritorno alle radici: l’artista Mike Nelson invade Palazzo dell’Agricoltore a Parma](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2021/09/Foto-23-09-21-11-59-00.jpg)
L’intero Palazzo dell’Agricoltore di Parma è stato pervaso dalle opere di Mike Nelson: come apparizioni, gli elementi scultorei dell’artista britannico si sono materializzati dentro le stanze, sulle scale, davanti alle porte, dietro i banconi. Il luogo stesso, uno splendido edificio razionalista snodato su sette piani e seimila metri quadri, si fa opera, con il nome The House of the Farmer. “Nelson crea opere che sono luoghi, lo sa chi lo conosce. Il visitatore entra e circola come una molecola nel sangue: chi si introduce la abita secondo la propria volontà, è parte integrante del suo lavoro”, racconta il curatore Didi Bozzini, che fa gli onori di casa sull’uscio per non alterare l’interezza dell’opera.
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THE HOUSE OF THE FARMER DI MIKE NELSON
Nel palazzo labirintico non ci sono percorsi predefiniti: gli elementi creati da Nelson sono ovunque, emergono dal Palazzo come se vi fossero sempre stati custoditi. Questi pezzi scultorei sono piccoli mondi grumosi, terrosi, sporchi e strabilianti: accette infilate nella terra rappresa, rocce, grandi rami arrotolati, pezzi di seghe e barre d’acciaio arrugginite. La fatica millenaria del lavorare la terra è tutta qui, con “ingredienti” raccolti a chilometro zero da un terreno bonificato. In due occasioni si vedono anche i cappelli da lavoro dello stesso Nelson, “lascio sempre un cappello indietro”, racconta, mentre spiega come non riesca a separarsi dalle sue affidabili e ormai lacere scarpe da carpentiere. Ogni nicchia e stanza vive di questo suo spirito pratico, dialogando con gli spazi vuoti e le decorazioni del ventennio ancora impresse sulle pareti – una spiga di grano qui, un quadro sulla dignità contadina lì – a loro volta affiancate da sticker e calendari che arrivano fino a qualche anno fa, quando il palazzo è stato dismesso dopo essere diventato sede del Provveditorato. Le presenze di Nelson sono ingombranti, quasi occlusive, e quando la fatica del lavoro sembra ormai prendere il sopravvento – tra rastrelli ricoperti di ruggine e falci infilzate nei blocchi – ecco germogliare un’edera, incrollabile speranza. Il percorso nelle sale, che vantano pregiati marmi e grandi finestre soprattutto al piano terra e al primo, è illuminato a giorno e sembra scollegato dalla terra stessa a cui fa continui riferimenti, come un luogo di meditazione. Anche per questo Nelson invita a “vagare liberamente”: i modi di vivere la grande installazione sono infiniti, perché infinite le possibili prospettive. Non si cerchi una qualche forma di spiegazione formale o una descrizione a muro, avverte Bozzini: “Noi possiamo giusto dare suggerimenti, come nei sentieri di montagna: un primo percorso può seguire la riflessione storica, politica e sociale di questo luogo, sede della Corporazione degli Agricoltori in epoca fascista poi riutilizzata dallo Stato, osservando i rapporti tra istanze spontanee e istituzioni politiche; un secondo modo di vedere potrebbe essere il rapporto plastico tra le opere di Mike e le architetture del luogo, con contrapposizioni e relazioni non casuali; un terzo, letterale, attraverso la lente della trasformazione della società arcaica e agricola in società dei consumi, sull’onda delle riflessioni di Pasolini e Kafka”. La ripetizione talvolta ossessiva di alcuni elementi architettonici, scelta tipicamente burocratica, è la nuova cornice dei “prelievi” agricoli di Nelson, sradicati dalla loro origine con una violenza che fa eco al totalitarismo e alla meccanizzazione del Ventesimo secolo.
IL PROGETTO “PALAZZO DELL’AGRICOLTORE” A PARMA
Questo grande progetto artistico è il punto di partenza di un più ampio recupero del monumentale complesso, incastonato nel centro parmense a pochi metri dal Teatro Regio dove è stato per oltre ottant’anni. Quando l’esposizione sarà terminata, nel giugno dell’anno prossimo, l’intera struttura di piazzale Barezzi sarà oggetto di intensi lavori per diventare un hotel rigenerativo: Entro il 2023, infatti, la struttura diventerà un albergo improntato alla sostenibilità umana e naturale, che vuole essere un nuovo volano per la città dopo i mesi di Parma Capitale della Cultura.
– Giulia Giaume
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