Le gallerie d’arte italiane fanno rete e sbarcano a Procida
La Capitale Italiana della Cultura 2022 ha accolto la prima edizione di “Panorama”, la rassegna promossa dalle gallerie riunite sotto il nome di Italics. Il risultato è stata una mostra diffusa e riuscita.
Dimenticate Capri o Ischia, il turismo mordi e fuggi e le comitive di croceristi. Procida ha un’altra identità, più calda e autentica, che rimanda a un’Italia antica, a quegli Anni Cinquanta che fanno da sfondo a L’Isola di Arturo, il romanzo di Elsa Morante, ambientato a Procida, che le fece vincere nel 1957 il Premio Strega. Palazzi gentilizi a strapiombo sul mare, giardini segreti invasi dall’odore degli oleandri, un mare pulito e non troppo affollato: queste le atmosfere che hanno accolto Panorama, la prima edizione di una mostra diffusa sul territorio, aperta dal 2 al 5 settembre e organizzata da Italics, un consorzio che riunisce 63 gallerie private italiane impegnate nell’arte antica, moderna e soprattutto contemporanea.
Panorama raccoglie una cinquantina di opere d’arte, proposte dalle gallerie che hanno partecipato al progetto e selezionate da Vincenzo de Bellis, collocate in luoghi e spazi disseminati sull’isola, in un percorso ideale che inizia dal porto e sale verso il borgo fortificato di Terra Murata.
“Il nostro desiderio era quello di creare un rapporto forte tra le opere, i luoghi e il territorio”, spiega Lorenzo Fiaschi della Galleria Continua, presidente di Italics. “Quando ho avuto l’idea di questo progetto ho pensato a Procida, che frequento da tempo perché è un luogo amato da Daniel Buren, e pochi mesi dopo la nostra decisione abbiamo appreso la notizia che era diventata Capitale della Cultura del 2022”. “Ho cominciato a lavorare alla mostra a maggio”, aggiunge de Bellis, “facendo un lavoro parallelo, sia di scelta degli spazi disponibili sull’isola che di valutazione delle opere, grazie a un dialogo serrato con le gallerie”. “Con ‘Panorama’ vogliamo dare un messaggio di collaborazione all’insegna della qualità”, conclude Pepi Marchetti Franchi, direttrice di Gagosian Roma e vicepresidente di Italics, che in questa circostanza ha lavorato in stretta collaborazione con Agostino Riitano, direttore di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022.
LA MOSTRA DIFFUSA PANORAMA
Il polo principale della mostra è Terra Murata, dove sono collocate le opere più spettacolari in luoghi insoliti, a partire dalla piccola e preziosa cappella di Santa Maria Regina della Punta, che ospita un dialogo tra Concetto Spaziale. La fine di Dio (1963) di Lucio Fontana (Tornabuoni Arte), L’Adorazione dei Magi (1640) del caravaggesco Mathias Stomer, concesso dal Museo di Capodimonte, e Il cielo e dintorni (1988), un’opera di Giulio Paolini (Galleria Alfonso Artiaco).
A pochi passi da questa sorta di sancta sanctorum, osservato da una guardia armata, il Museo Civico di Procida ospita le opere che necessitano di una sorveglianza museale, che vanno da Tarantella (1918) di Fortunato Depero (ML Fine Art) ‒ un felice omaggio alla terra campana da parte di un artista trentino ‒ a Il Balcone (1937) di Alberto Savinio (Bottegantica), collocato vicino a una delle finestre del museo, con vista sul mare mozzafiato, per finire con un dialogo concettuale tra le due teste di Filippo Tagliolini Democrito e Berenice (1790 circa, Alessandra Di Castro), collocate in una teca al centro della sala e l’opera di Walead Beshty (Thomas Dane). Fanno da contrasto agli ambienti museali le opere collocate sul territorio esterno piuttosto degradato di Terra Murata, in perfetta sintonia con la decadenza di alcuni edifici, quale Untitled (2016) di Mimmo Paladino (Cardi) nel cortile di Palazzo D’Avalos, visibile soltanto attraverso il cancello, come del resto Untitled Outdoor Sculpture (2015) di Nate Lowman (Massimo De Carlo), una croce di metallo bianca collocata tra gli oleandri davanti alla facciata della casa dell’ex direttore del Penitenziario.
Proprio nell’atrio del Carcere Nuovo si trova una delle opere più forti dell’intera rassegna, cioè Pissing figures (2020) di Giulia Cenci (Spazio A) che si staglia sullo sfondo delle celle abbandonate del carcere, accanto a Combattente (2013) della compianta Marisa Albanese (Studio Trisorio). Suggestive le sculture disposte sulle terrazze panoramiche del borgo, da Equivalenze (2016) di Giuseppe Penone (Gagosian) a Consider yourself as a guest (Cornucopia) (2019) (Victoria Miro), una gigantesca cornucopia di detriti in plastica, mentre in Piazza dei Martiri la geometria metallica di Spazio scolpito Q (1967) di Paolo Icaro (P420) si confronta con Artaud (2021), la scultura di Nicola Samorì (Monitor) posizionata sopra la stele che ricorda i martiri della rivoluzione del 1799.
I LUOGHI DI PANORAMA
Forse però le opere più efficaci e inattese sono quelle posizionate all’interno di luoghi privati, che vanno scoperti in una sorta di caccia al tesoro, dove si registra una effettiva e reale interazione con il tessuto urbano: prima tra tutte Oltremare verso est nord est (1979-2021) di Giovanni Anselmo (Tucci Russo), in dialogo con la Venere della Grotticella, copia di un originale del Giambologna (XVIII secolo), proposta da Carlo Orsi, in una sorta di tempietto in fondo al giardino di Palazzo Costagliola. Assai suggestiva l’opera di Francesco Simeti Curling, Arching, Breaking (2021) (Francesca Minini), che consiste in una serie di lenzuoli con immagini legate all’acqua tratte da affreschi e codici miniati, appese ai balconi del Casale Vascello, un condominio popolare di grande fascino, mentre nell’androne di un palazzo privato si confrontano le mappe marine di Elisabetta Benassi, Mouchoirs (2014-21) (Magazzino), con una scultura sospesa di Tomás Saraceno, GJ132c /M+M (2018) (Pinksummer).
Un altro duetto riuscito occupa l’androne circolare di Palazzo Scotti, con l’imponente scultura in vetro rosso di Heimo Zobernig, Untitled (2012) (Caterina Tognon) e Dall’Elegia (1998), un’erma in ceramica di Luigi Ontani (Lo Scudo); più vissuto e arredato l’ingresso di Palazzo Porta, con il lavoro di Salvatore Arancio, A Soft Land No Longer Distant (2017) (Schiavo Zoppelli), insieme alle polaroid di Andy Warhol (Tommaso Calabro). Un pochino distante dagli altri spazi, Villa Sofia ospitava nell’atrio Silver Plated (2021) di Flavio Favelli (Sales) e Stenkanibale (2021) di Gianni Asdrubali (Arte Invernizzi).
Tra gli interventi singoli spicca Untitled (2021) di Domenico Antonio Mancini (Lia Rumma), un magico innesto tra Étant donnés di Marcel Duchamp e gli sbarchi dei migranti nel Mediterraneo, e +393492505915 (2021) di Francesco Pedraglio (Norma Mangione), che ha realizzato una serie di portacenere in ottone per i tavolini del bar Malazzè con il proprio numero di cellulare.
PROCIDA E IL FUTURO
E gli isolani? Incuriositi e collaborativi, hanno accolto il progetto con entusiasmo e divertimento per una lodevole iniziativa con indubbie potenzialità. In futuro sarebbe opportuno che Italics pensasse di portare avanti il progetto in altre regioni italiane ‒principalmente nel centro-sud, dove l’arte contemporanea è assai meno presente e visibile ‒come un significativo messaggio di collaborazione tra gallerie, le quali con Panorama possono proporsi come un unico soggetto produttore di cultura, al di là delle loro attività commerciali. Un segnale positivo che il sistema dell’arte italiano ha già accolto con grande favore in questa prima edizione.
‒ Ludovico Pratesi
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