Essere pop nell’arte e nella vita. La mostra di Warhol e Schifano a Pescara

Due protagonisti della Pop Art internazionale a confronto tra le sale del nuovo Imago Museum di Pescara. Una mostra che racconta affinità e differenze tra stili di vita ed esperienze artistiche di Andy Warhol e Mario Schifano.

All’Imago Museum, nuovo polo museale dedicato all’arte contemporanea nella città di Pescara, va in scena la mostra Warhol e Schifano tra Pop Art e Classicismo. Il dialogo tra i due grandi protagonisti della Pop Art internazionale muove dai punti di contatto rintracciabili tra carriere artistiche e modi di vivere ‒ del resto Schifano è l’artista pop italiano più warholiano di tutti. Dal ruolo della tv nel quotidiano e nella ricerca artistica di entrambi, testimoniato dal vivere attorniati da televisori sempre accesi, alla continua sperimentazione con media e linguaggi differenti, dal rapporto con il cinema a quello con le innovazioni musicali degli Anni Sessanta e Settanta, sono molte le affinità. Le differenze, invece, risaltano nello stile più freddo e diagrammatico riscontrabile nelle opere di Warhol e nell’impeto più gestuale, unito all’attenzione verso il fare pittorico, di Mario Schifano.

Andy Warhol, Fratelli Marx, 1986, serigrafia dal portfolio Portraits Jews in History

Andy Warhol, Fratelli Marx, 1986, serigrafia dal portfolio Portraits Jews in History

DALLA TV AL PAESAGGIO POP

L’intreccio continuo tra arte e vita trova riscontro anche nell’allestimento delle opere. Fin dall’inizio, l’esposizione pare seguire le parole stesse di Schifano: “Dovete realizzare una mostra di qualità moderna e virtuale con pochi quadri dentro stanze oscure e tante proiezioni. Proiettate immagini dovunque, anche sul pubblico con i suoni, con le mie parole, le musiche, la mia colonna sonora, con gli oggetti, il mio proiettore 35 mm tutto dipinto e i televisori. Nelle stanze dovete allestire delle sequenze con delle strisciate di foto. In una sala buia un grande televisore, come una scultura. Un totem che manda un flusso ininterrotto di immagini, un satellite che trasmette schegge di film…”.
Aprono la mostra 301 foto ritoccate con smalti presentate come sequenze di fotogrammi sottratti al flusso di immagini televisive. A rappresentare quel vivere nevrotico che Schifano condusse all’inizio della carriera, quando il suo paesaggio coincideva con un en plein air chiuso, creato da televisori in continua funzione. Un paesaggio che entra fra le mura di casa, frammentato, veloce, moderno, nevrotico.
Documenti, libri con inserti pop up, fotografie rendono omaggio anche a Andy Warhol. Emblematica la foto che lo ritrae insieme a Schifano negli Anni Settanta. E poi la fantastica documentazione realizzata dal fotografo Dino Pedriali, una sequenza di immagini in bianco e nero che raccoglie momenti anche intimi dei viaggi compiuti dall’artista in Italia.

Andy Warhol, Campbell's Soup Can on Shopping Bag, 1966, serigrafia su carta

Andy Warhol, Campbell’s Soup Can on Shopping Bag, 1966, serigrafia su carta

L’ARTE DI WARHOL

Entrando nel cuore dell’esposizione si dispiega il corpus di lavori di Andy Warhol dagli esordi fino alla produzione degli Anni Ottanta, con opere in prestito dalla Rosini Gutman Collection.
In mostra anche i lavori eseguiti con la tecnica blotted line tratti dal Gold Book, libro promozionale del 1957, periodo in cui Warhol lavorava come illustratore commerciale. Compaiono già l’attenzione nei confronti delle celebrità, con un ricordo di James Dean morto appena due anni prima, e tutti i temi prevalenti nella sua ricerca artistica ovvero l’infanzia, la natura, le icone dello spettacolo. Le celebrità compariranno anche sulle copertine della rivista Interview, periodico statunitense creato da Andy Warhol, dove apparì anche Mick Jagger.
Ma Warhol dedicò anche una serie di ritratti al mondo degli sconosciuti. Con Ladies and Gentleman volle rappresentare drag queen e travestiti del club newyorkese The Gilded Grape, trasformando questi anonimi individui in attori dalle pose teatrali e ammiccanti, mescolando maschile e femminile. Venivano così infranti tabù legati alla sessualità e alla coesistenza di differenti culture come quella bianca e afroamericana.
Non mancano lavori più noti del re della Pop Art, con i volti celebri di Marilyn, Liz Taylor, Mao, Liza Minnelli. Così come c’è spazio anche per un altro Warhol, artista a 360 gradi che estende il proprio sguardo al cinema e alla musica. Sono infatti presenti foto firmate dai film Frankestein e Dracula, come anche le cover degli album dei Velvet Underground e dei Rolling Stones da lui realizzate. Era una fase in cui si era pronti ad appropriarsi di ogni mezzo del mondo della cultura di massa, fatto di proliferazione e consumo continuo di immagini, sperimentando i linguaggi più disparati e penetrando nei meccanismi di produzione di cultura e non solo.
Il linguaggio di Andy Warhol, divenuto un punto di riferimento per le generazioni successive con la sua capacità di coniugare astrazione e figurazione, mescolare cultura alta e bassa, non rinuncia, in alcuni momenti, al rapporto con la cultura classica, come appare nella serigrafia che cita una celebre opera di Paolo Uccello.

Mario Schifano, Mater Matuta 1, 1995 96, smalto e acrilico su tela

Mario Schifano, Mater Matuta 1, 1995 96, smalto e acrilico su tela

LE OPERE DI SCHIFANO

Un legame assai più stretto con la cultura classica, e italica in particolare, è evidente in Mario Schifano, figlio di un archeologo e radicato nella cultura europea. Il ciclo Matres Matutae ne è la manifestazione più esemplare. Attraverso 15 tele, 10 carboncini e 2 opere a tecnica mista, l’artista torna alle origini, al mito della dea dell’Alba, della maturità, della pienezza della vita e della fecondità, rendendo omaggio a un tema iconografico classico della storia dell’arte italiana, la maternità. Affiancano il ciclo 6 sculture di Matres datate intorno al IV sec. a.C., ispirazione diretta di Schifano, provenienti dal Museo di Capua. Il suo classicismo si spinge anche oltre citando opere del Rinascimento e di Leonardo. La composizione della parete invita a una lettura diagonale, dal cromatismo della notte si passa a quello del giorno, dalla cometa origine della vita al bambino simbolo dell’evoluzione. Un’evoluzione non solo cronologica, ma fatta di colore.

Antonella Palladino

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Antonella Palladino

Antonella Palladino

Ha studiato Storia dell’arte presso le Università di Napoli e Colonia, laureandosi in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi dal titolo “Identità e alterità dalla Body Art al Post-Human”. Ha proseguito la propria formazione alla Fondazione Morra e poi…

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