Il disegno senza tempo. Omar Galliani a Catanzaro
Il museo MARCA di Catanzaro ospita un percorso in cui le opere più recenti di Omar Galliani dialogano con quelle degli esordi
Edgar Degas scriveva che il disegno rivela, meglio della pittura, la vera personalità dell’artista e non c’è modo migliore di conoscere Omar Galliani (Montecchio Emilia, 1954) se non attraverso i suoi disegni, intesi quali tasselli esistenziali della sua opera.
La mostra al MARCA di Catanzaro ripercorre i vari periodi della vita di Galliani, dagli esordi alle esposizioni a diverse biennali, come quella di San Paolo del Brasile (1981), quella di Tokyo (1982) e quelle di Venezia (1982, 1984 e 1986), approdando alle tematiche di più stretta attualità con la serie Baci rubati/Covid19.
LA MOSTRA DI GALLIANI A CATANZARO
L’esposizione, curata da Vera Agosti, si sviluppa su un unico piano e si apre con un’opera di grande impatto: Mantra per un vulcano (1999), strutturata su due superfici in cui i tratti delicati della matita dialogano con i robusti caratteri del mantra scolpiti su una foglia d’oro, un lavoro che ricorda il legame con la terra, sempre in movimento, sempre magmatica. Sulla parete opposta è posizionato il trittico dei Baci rubati/Covid19 (2020), già esposto lo scorso maggio in una personale presso la Galleria Tornabuoni di Firenze, composto da una serie di tre disegni che narrano, su più prospettive, l’intimità di un bacio, riflesso di una normalità tanto desiderata nei periodi difficili del confinamento.
LE OPERE DI GALLIANI
Pregna di significato la tavola NGC/7419 (2021), realizzata dopo la perdita di Massimiliano, il figlio dell’artista. L’opera trova la sua genesi in un numero che tornava costantemente nei pensieri e nei sogni di Galliani: 7419, appunto. Attraverso una serie di ricerche sul web, l’artista scopre che NGC/7419 corrisponde a una costellazione, quella di Cefeo nello specifico. Questa scoperta lo spinge a tratteggiare su tavola i confini di un suo universo, carico di mistero e allo stesso tempo di rivelazioni, segno di un linguaggio estremamente personale.
Di notevoli dimensioni anche Roma, Omar, Amor (2012), un titolo in cui più anagrammi scoprono l’intima relazione dell’artista con la città di riferimento: Roma.
Presente anche un lavoro datato 1977 intitolato Dalla bocca e dal collo del foglio, che rappresenta il punto da cui partire per comprendere l’evoluzione stilistica dell’artista. Una evoluzione in cui a non cedere al cambiamento è il tratto fermo della sua matita, strumento che assume un ruolo ben più profondo, quale sfogo per il bisogno espressivo presente e bussola per orientarsi nel tempo.
‒ Antonio Mirabelli
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