Arte e Intelligenza Artificiale nella mostra di Andrés Pachón a Napoli
Nella personale allestita alla Shazar Gallery di Napoli Andrés Pachón ribalta una prospettiva ormai assodata. Mostrando procedure e risultati di un’Intelligenza Artificiale alle prese con un database di immagini create dall’uomo.
I lavori di Andrés Pachón (Madrid, 1985) si concentrano sulla costruzione della conoscenza attraverso la fotografia, coniugando trasversalmente storia, etnografia e tecnologia.
Class(h), la sua prima personale italiana, ne rivela la passione classificatoria, con grandi pannelli di piccole fotografie in successione da lui scelte e divise in categorie. Le immagini sono però, in questo caso, disvelamenti di un software, creazioni di un’Intelligenza Artificiale nutrita con un ampio dataset di fotografie dell’archivio della Public Library di New York.
IL LINGUAGGIO DI ANDRÉS PACHÓN
Se non c’è tecnica che sottintenda la fatica dell’imprecisione, così l’Intelligenza Artificiale fa i conti con l’ottimizzazione di ciò che vede e processa. Rielabora i soggetti forzandone le similitudini, cerca nella molteplicità delle informazioni le basi del realismo. Il software non deroga al piacere dell’invenzione producendo immagini oniriche e lisergiche e la certezza di categorie assolute è rotta da investigazioni atemporali. Le opere in mostra offrono allora visioni degne di bestiari fantastici. La fisiognomica di attori d’antan è smontata e ricostruita, vedute di città rivelano mondi inesplorati e lontanissimi. L’osservazione diventa esperienza conoscitiva, rivelazione dell’intrinseca molteplicità di ogni cluster e, con essa, della sua potenziale inesauribilità. La macchina, con le sue deformazioni e i suoi errori di interpretazione, dell’arte utilizza la visionarietà, dalla tecnologia mutua la riproducibilità.
LE IMPLICAZIONI ARTISTICHE DELLA AI
Quando nel 2018 il Ritratto di Edmond de Belamy, prima opera creata da un’Intelligenza Artificiale a essere messa sul mercato, fu battuto all’asta da Christie’s per 432.500 dollari, l’autorevolezza di tale processo creativo fu al centro di ampi dibattiti, con sottolineature frequenti del suo carattere sfuggente. Nella mostra napoletana di Pachón, una Scatola nera (videoinstallazione interattiva) è posta in ruolo di tramite fra artista-programmatore e pubblico, offrendo uno spunto diretto di riflessione. Il fruitore è libero di scandagliare l’archivio e visualizzare assonanze e forzature del pensiero sintetico. La scelta di parole chiave da ricercare determina un processo in cui comunicazione, percezione e creazione si integrano e alternano a colpi di mouse sincopati. Intelligenza Artificiale e collettiva, sensory remapping e critica su schermo.
‒ Raffaele Orlando
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