L’arte di Giovanni Termini in dialogo con Palazzo Fabroni a Pistoia
Dalla scultura al video, l’opera di Giovanni Termini unisce linguaggi e input diversi, come dimostra la personale in corso a Pistoia. Un dialogo tra l’artista contemporaneo e maestri storicizzati.
“Considero il cantiere una metafora della vita, un luogo in cui ti muovi e possono accadere diverse cose, anche molto diverse tra loro”. Con questa frase, tratta da un’intervista con Lorenzo Madaro uscita su Artribune nel 2016, Giovanni Termini (Assoro, 1972) indica la principale fonte di ispirazione della propria ricerca ventennale, documentata da una antologica puntuale e precisa intitolata Da quale pulpito, curata da Marco Bazzini e allestita al Palazzo Fabroni di Pistoia fino al 28 novembre.
LA MOSTRA DI TERMINI A PISTOIA
Una rassegna che documenta le diverse fasi del lavoro di Termini, che Andrea Bruciati ha definito nel 2010 come “un assemblaggio di forme in espansione e dei rapporti tra queste forme”. All’interno del Fabroni, e rispettando la sua denominazione di Museo del Moderno e Contemporaneo, Termini ha optato per due diverse modalità, attraverso un percorso che prende avvio al primo piano dell’edificio, dove è esposta la collezione del museo, attraverso una serie di opere in dialogo con la permanente. A cominciare proprio dalla sala occupata dall’installazione Armatura, realizzata in occasione della personale di Termini presso la Pescheria di Pesaro nel 2013, che ricorda un cantiere abbandonato, dove ogni elemento suggerisce una tensione sopita, un’energia ancora in potenza ma pronta a trasformarsi in un dinamismo grave e consapevole, necessario per completare la costruzione. La stessa energia sotterranea che ritroviamo in un’opera come L’equilibrio dell’incongruo (2018), al centro della sala che ospita le opere di Fernando Melani, artista pistoiese pioniere e anticipatore di molte istanze dell’Arte Povera. Si tratta di un tavellone in laterizio curvato, poggiato su due cavalletti zincati a suggerire una struttura aperta, incompiuta nel suo squilibrio formale, rivelando un’anima simile ad Apollo e Dafne (1978), una delle sculture più iconiche del lavoro di Melani. Interessante anche Dialogo costruttivo (2017), dedicato al rapporto dell’artista con Eliseo Mattiacci ‒ del quale Termini è stato collaboratore per anni ‒ che restituisce all’idea di alunnato un valore poetico e si presenta come una struttura chiusa e conclusa, così come Ipotesi (2018), una sedia a sdraio azzurra montata in modo tale da determinare una forma geometrica incongrua e disfunzionale, che recupera la lezione dell’opera di Alighiero Boetti Zig Zag (1967), riletta in chiave destrutturata e concettuale.
LE OPERE DI TERMINI
La mostra si sviluppa in maniera organica al secondo piano, dove Termini ha collocato ben nove opere, tra le quali spicca per dimensioni e articolazione l’installazione Tempo instabile con probabili schiarite, presentata alla galleria ME Vannucci di Pistoia nel 2018. Insieme ad Armatura, costituisce una sorta di paradigma della ricerca dell’artista, che nei lavori di grandi dimensioni sintetizza in maniera ottimale la sua riflessione su un’idea di scultura legata, come suggerisce Silvia Evangelisti, “a un nuovo alfabeto dello spazio”. E lo si può constatare davanti a un’opera come Circoscritta (2016), ispirata alla forte presenza di vivai nella città di Pistoia, che vede un piccolo cipresso dentro un vaso in cemento, sorretto da una serie di travi di legno in equilibrio precario, appoggiate a una struttura circolare di metallo. La conclusione ideale della rassegna, quasi a indicare una sorta di statement della ricerca di Giovanni Termini, è il video Accade in un minuto (2017), che mostra l’artista mentre salta su una trave di legno appoggiata a due cavalletti da cantiere, fino a romperla, rimanendo però sospeso, in quanto sorretto da una imbragatura da operaio. Il video sintetizza da una parte la dimensione trattenuta dell’opera, vista come generatrice di energia, e dall’altra la sua natura esperienziale, come “un ossimoro tra il procedere e il sospendere, tra l’azione e l’inazione”, sottolinea Bazzini, autore del libro- catalogo edito dagli Ori che accompagna la mostra, strumento scientifico indispensabile per approfondire la ricerca di Giovanni Termini, che questa mostra restituisce in maniera ottimale.
‒ Ludovico Pratesi
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