Il fascino delle architetture incompiute. Mostra di Alterazioni Video in Sardegna
Il collettivo Alterazioni Video riflette sul tema dell’incompiuto con un film dedicato al Palasport di Nuoro. In mostra al Museo Nivola di Orani
Un gladiatore, una tiktoker, un rabdomante: ecco alcune delle strane figure che popolano il Palasport di Nuoro nel film realizzato dal collettivo di creativi Alterazioni Video per il Museo Nivola di Orani. Una pianura assolata, con atmosfere da Far West, su cui svettano i mezzi piloni della struttura sportiva che avrebbe dovuto essere completata qualche anno fa ma che non ha mai visto la luce. Una storia simile a tante altre: appalti pubblici finiti nel niente in pochi anni, una moltitudine di opere incompiute che lasciano cicatrici nel paesaggio, resti, anche, delle speranze deluse della comunità. Nella dimensione immaginaria del film, però, il Palasport sembra animarsi grazie alla presenza di inquilini improbabili.
ALTERAZIONI VIDEO E LE ARCHITETTURE FANTASMA
Dal 2006 i cinque artisti di Alterazioni Video girano l’Italia come ghosthunter di architetture fantasma. L’obiettivo non è solo quello di tracciare una mappa dell’incompiuto: vicino all’attivismo artistico, attraverso performance, videoarte e interventi site specific, il collettivo mette in luce le tangenze tra edifici incompiuti e umanità irrisolta, nel tentativo da un lato di sensibilizzare il pubblico, dall’altro di esplorare le possibilità creative di questi luoghi.
IL PALASPORT DI NUORO SECONDO ALTERAZIONI VIDEO
Per la mostra Appunti per un parco incompiuto, curata da Giuliana Altea, Antonella Camarda e Concettina Ghisu, il collettivo ha realizzato un film in cui il Palasport di Nuoro – progetto appaltato nel 2012 con fondi pubblici e archiviato nel 2017 – è allo stesso tempo protagonista e spettatore delle vicende dei personaggi singolari che vi si muovono.
Una tiktoker si aggira con il cellulare alla ricerca dell’inquadratura perfetta, mentre un gladiatore vestito di lamiere e pelli si prepara alla battaglia contro nemici invisibili. Individui bizzarri e fuori contesto che invadono il Palasport e se ne appropriano. Le colonne di cemento armato, spesso inquadrate con piani ravvicinati e in penombra, sono incredibilmente scenografiche e ricordano sia dal punto di vista visivo sia simbolico l’iconico monolite di Kubrick. Come in 2001: Odissea nello spazio (1968), infatti, anche ai piedi delle colonne a un certo punto l’umanità si incontra: in alcune sequenze tiktoker e gladiatore condividono lo spazio del cantiere abbandonato. Non entrano in conflitto ma convivono pacificamente. Ad accumunarli è la mancanza della voce – nel film i personaggi parlano pochissimo – e il Palasport, metafora della loro stessa inconcludenza.
I PARADOSSI DELL’INCOMPIUTO
Un irrisolto architettonico e umano che acquista una certa bellezza nelle atmosfere surreali del film, leggibile anche come meta-racconto: gli artisti si riprendono durante il processo creativo, che scopriamo così essere in larga parte improvvisato. Li vediamo infatti sperimentare la sonorità di lamiere e calcinacci e accordarsi sui propri ruoli.
Climax del film e culmine dell’improvvisazione, la danza di una minipala nelle sequenze finali: ripreso al rallentatore, un operaio locale fa roteare il proprio macchinario sullo sfondo del Palasport, in una sorta di tributo ai paradossi dell’incompiuto.
‒ Camilla Mattola
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