Il duo artistico bn+BRINANOVARA reinterpreta Paolo Uccello a Torino
La mostra del duo bn+BRINANOVARA presso la torinese CRAG gallery innesca un dialogo fra l’arte contemporanea e quella del Quattrocento
Il rigore spaziale delle opere di Paolo Uccello (Pratovecchio, 1397 – Firenze, 1475) disponeva gli oggetti, gli alberi, gli animali e le figure umane con esattezza simmetrica, collocandoli perfettamente sulle direttrici della maglia prospettica, come avviene per le lance nelle scene della Battaglia di San Romano o per i tronchi rotti della Caccia notturna. Nonostante l’intransigente approccio allo studio delle geometrie – figlio del Quattrocento, epoca che più di tutte ha studiato la gestualità, le pose e le forme nelle composizioni figurative –, l’effetto finale risulta innaturale e onirico: lo schematismo esacerbato delle figure, la piattezza pura delle tinte e le posizioni ripetute quasi in sequenza rendono la scena rappresentata innaturale, amabile da uno sguardo contemporaneo abituato a una sintesi simbolica che trova nel singolo oggetto un’allegoria onnicomprensiva.
LA MOSTRA DI BN+BRINANOVARA A TORINO
A queste impressioni si è ispirato il duo bn+BRINANOVARA (composto dai giovani artisti Giorgio Brina e Simone Novara, milanesi, rispettivamente classe 1993 e 1994), che da anni studia e sviscera analiticamente le tecniche e i soggetti del celebre pittore fiorentino, per la personale Sottotratto presso la galleria torinese CRAG. L’impegno teso a risarcire la memoria della straordinaria pittura quattrocentesca è evidente dall’abilità del tratto, regolare e discontinuo alla giusta e vivace occorrenza; eppure, le opere non sono considerabili mere citazioni iconografiche: la forma e il dettaglio degli oggetti nascono piuttosto da “un lavoro linguistico di decostruzione e riattivazione dell’immagine, che sceglie in modo allo stesso tempo arbitrario e metodico particolari del dipinto per ricombinarli, sottolinearli oppure renderli spettrali”.
BN+BRINANOVARA IN DIALOGO CON IL QUATTROCENTO
L’elaborazione è concettuale e lo sguardo, riconoscendo e misconoscendo l’evoluzione, ne rimane colmato di meraviglia: come in un duello stipulato in un punto anonimo della storia, i due artisti sfidano la prospettiva rigorosa e la disinnescano; predano gli oggetti isolandoli ed esaltandoli da protagonisti; percuotono di vibranti variazioni cromatiche lo sfondo, avulso da naturalismi di sorta, conferendo dinamismo alla visione d’insieme. Un’osservazione acuta e rispettosa, volutamente senza vincitori, che apre un sapiente dialogo tra le diverse epoche artistiche italiane e che merita di essere considerata.
‒ Federica Maria Giallombardo
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