A Torino la mostra di Gioberto Noro in dialogo con Beato Angelico
È un omaggio all’artista quattrocentesco la mostra del duo composto da Sergio Gioberto e Marilena Noro alla galleria Peola Simondi
Nella sede torinese di Peola Simondi si può ammirare una mostra che spicca per equilibrio, nitidezza e prominente tenore culturale; si tratta delle opere della coppia di artisti Gioberto Noro e del loro studio sulla luce, sui volumi e sulle trame della materia fotografata. Un’indagine evidente nelle raffinate composizioni architettoniche ma altresì ermetica nei contenuti sottesi all’immagine; un’investigazione iconografica mai banalizzante; un gesto dotto e sensuale, la cui dualità si apprezza grazie all’aggiunta di un indispensabile terzo elemento, insinuato con delicatezza ma coadiuvante: Gregorio Botta, artista d’indole e intelletto sublimi – doti e intuizioni onnicomprensive inconsuete tra i coevi se si pensa alla maestria sdoppiata in lui tra scrittura e installazione, tra letteratura e arti figurative – ha infatti redatto il testo di sala, sviscerando una visione che sfocia nel racconto dell’esposizione passando per la pittura sapienziale del Quattrocento, il vuoto vibrante d’assoluto di Malevič e il blu spirituale di Klein e di Ad Reinhardt.
DALLA PITTURA ALLA FOTOGRAFIA
Ed è proprio il blu il protagonista assoluto, il correlativo oggettivo delle opere in rassegna: un preciso tono che inciela i soggetti virati dal negativo delle fotografie conferendo una nuova anima spettrale (nel senso di “spectrum”, ovvero “visione, proiezione”; e di accezione fisica, cioè di insieme di componenti monocromatiche nel fascio di radiazione luminosa policromatica) in conciliazione con i toni pittorici caldi, metafisici (“una luce segreta, deus absconditus che non può svelarsi, ma rivela il mondo”), ispirati dall’osservazione e dallo studio delle opere di Beato Angelico.
LE PAROLE DI GREGORIO BOTTA
Queste le parole di Botta:
“Sergio Gioberto e Marilena Noro sono andati fin lì [ad ammirare l’Annunciazione presso il Convento di San Marco di Firenze] per raccogliere quell’atmosfera germinale, scegliendo un dettaglio, un quadrato per la precisione (inquadrare: non è questo che fanno i fotografi?), che contiene il vero protagonista dell’affresco: non Gabriele, non Maria, ma la luce. E hanno posato il loro sguardo dove il muro si poggia sul pavimento, dove il verticale si unisce all’orizzontale e un piccolo scarto di tono certifica la congiunzione dei due mondi: una linea dell’orizzonte metafisica che segna il confine tra cielo e terra […]. Luogo geometrico dell’Essere (omaggio a Beato Angelico), così hanno titolato questo lavoro che annuncia e genera tutti gli altri: un viaggio in sette tappe nel silenzio e nell’attesa”.
Questo il fondamento delle opere; questa la ricerca che unisce i tre artisti e che rende l’esposizione da Peola Simondi una rarità icastica imperdibile anche dopo la turbolenta settimana dell’arte torinese.
‒ Federica Maria Giallombardo
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