La fotografia secondo Jan Dibbets in mostra a Torino
La galleria Giorgio Persano ospita la mostra dell’artista e fotografo olandese Jan Dibbets. Tra astrazione e sperimentazione tecnica
Già nel 2007 Jan Dibbets (Weert, 1941) era stato ospitato dalla galleria Giorgio Persano per un importante intervento pittorico dal titolo Omaggio a Sol LeWitt. Dopo anni l’artista torna in galleria a presentare un nuovo ciclo di lavori realizzati negli ultimi tempi. “Cosa succederebbe se togliessi all’immagine la sua struttura?”: è questo il quesito alla fonte del processo creativo di Dibbets. Sottrarre la struttura di un’immagine significa concedersi all’astrazione, alla libertà, all’apertura verso orizzonti improbabili. Ma può significare anche scomposizione, rottura e disequilibrio.
GLI PSEUDO-MONOCROMI DI DIBBETS
Nella sala principale della galleria è esposto un ciclo di tre opere dal titolo NewColorStudies; lo spazio è abitato da immagini di varie dimensioni che a primo impatto potrebbero essere confuse con tele dipinte a monocromo. In realtà si tratta di immagini digitali stampate su alluminio e plastica, ottenute attraverso l’ingrandimento di un particolare di un negativo. Il dettaglio della fotografia in analogica che ritraeva la carrozzeria di un’automobile diventa così il soggetto dell’immagine, spogliato dal suo contesto. Il riflesso della fotografia prende corpo, come se fosse reale, viene assorbito e si scontra con la luce della galleria. I monocromi prendono vita, in autonomia, distanti dal mondo a cui appartenevano, non più parti di carrozzeria, ma spazi autonomi, dove luce e colore si impongono delicatamente allo spettatore.
LO STILE DI JAN DIBBETS
Dal lato opposto della sala troviamo invece la serie dal titolo B.O.U. e anche in questo caso le opere provengono dal dettaglio del negativo utilizzato nei NewColorStudies. L’artista ha ingrandito il particolare con un programma di elaborazione digitale, dando vita ‒ per errore ‒ a composizioni astratte di colori e forme.
Tra creazione e distruzione, Dibbets arriva a sviluppare un universo nuovo, forse associabile a una cartina geografica un po’ inverosimile; ma questo non lo stabilisce, non lo impone. L’artista regala allo spettatore l’occasione di entrare in questo universo, senza offrire troppi appigli o coordinate. La sua sperimentazione della disciplina fotografica e dei mezzi tecnologici sottolineano la forza del suo lavoro, che risiede nell’assoluta apertura alla soggettività, all’astrazione e che spinge verso una dimensione sorprendentemente inedita.
– Marlene L. Müller
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