Pittura fiamminga di una giovane artista. Marta Naturale a Roma
Dipingere siepi e villini padani come lo farebbe un pittore fiammingo. In modo così minuzioso da richiedere l’uso della lente d’ingrandimento. Eppure parlare di realismo risulta fuorviante di fronte al linguaggio visivo di Marta Naturale
Per dipingere piccoli quadri Marta Naturale (Mirano, 1990) usa la lente di ingrandimento, si serve della tempera all’uovo e impiega anche mesi per terminare un solo pezzo. Ritrae siepi, villini padani, manopole di caldaie e corridoi dai raggelanti riflessi. Formalmente è una fiamminga, ma la sua proposta non è ascrivibile a un’idea di realismo.
Piuttosto, e nonostante il titolo distensivo di questa mostra, i lavori di Naturale sono duchampiani buchi della serratura, o mirini. Sì, perché bisogna avvicinarli questi dipinti, più di quanto non si riesca a immaginare; bisogna metterci il proprio di corpo, e fare i conti col proprio voyeurismo. E quanto ad atmosfere, i toni sono esattamente quelli, chirurgici e foschi, da film noir, del capolavoro Étant donnés.
Un’ottima prima personale. Con qualche quadro che addirittura stordisce. Accade quando il soggetto è più conciso e così icastico da risultare trascendente.
‒ Pericle Guaglianone
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