Lavorare il vetro in chiave contemporanea. 6 artisti giapponesi in mostra a Milano
Tradizione, modernità e richiami plastici all’Occidente si mescolano nelle opere dei sei artisti in mostra alla Esh Gallery di Milano
Fino al 26 novembre Esh Gallery dà spazio al lavoro di sei artisti giapponesi che utilizzano il vetro sia per dare voce alla propria espressività sia per plasmare e riformulare l’idea di un’estetica globale. Il vetro permette di giocare assumendo un’identità ibrida tra arte, design e sapienza artigianale, grazie alla trasparenza, alla versatilità e all’inalterabilità chimica.
Ryo Sekino realizza due vasi dalle forme mitigate e morbide; il vetro opaco, bianco latte, viene “inciso” da fessure filiformi che catturano la luce. Se nella millenaria arte del Kintsugi la frattura è enfatizzata dall’oro, qui è la luce che inebria, facendo risplendere, il cuore interno. Runa Kosogawa, con The petal that reminds, propone un petalo blu, malinconico ma affusolato come la punta di una lancia in ossidiana (non per niente un “vetro naturale”).
GLI ARTISTI IN MOSTRA ALLA ESH GALLERY
Il lavoro più sorprendente è quello di Shohei Yokoyama, tra gli artisti finalisti del LOEWE Craft Prize. Se è vero che il vetro non cristallizza (ha una struttura amorfa), Yokoyama riesce a intrappolare la natura fluida dello stato precedente, liquido, con la fibra del materiale. Le sue creature simulano dei nastri plastici che, germogliando in molteplici volute e nodi, creano un vortice danzante. Ōki Izumi, artista d’adozione milanese, opta invece per il vetro industriale dal colore glauco, acquamarina, ideando delle architetture enigmatiche e pluristratificate: dei palazzi in miniatura, padiglioni trasparenti pieni di riverberi luminosi. In Ritmo della città sembra di ammirare uno skyline composto di slanciati grattacieli newyorkesi. La sua opera si ispira, nonostante le apparenze, alla natura e alla cultura zen. In ultimo, Yoshiaki Kojiro crea delle opere dense, quasi impenetrabili: il bianco di Sinking Composition sembra simulare la patina della neve, nella quale si inabissano squarci profondi. L’indaco scuro di Structural blue sposa una superficie all’esterno liscia e vellutata che diventa all’interno scabra e granulosa.
‒ Giorgia Basili
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