Capire Alighiero Boetti in 10 opere

Dalle Mappe agli Arazzi, passando per le opere di arte povera e le lettere, ecco un piccolo compendio sulle opere dell’artista torinese morto nel 1994.

Buon compleanno Alighiero Boetti: il 16 dicembre del 1940 il genio torinese nacque da una famiglia del Monferrato nobile e decaduta. Una vita avventurosa e anticonformista, se pure breve, quella di Boetti, che raggiunse da autodidatta il rango di artista di spicco dell’Arte Povera alla fine degli anni ’60, aderendo insieme ai compagni al rifiuto della grandeur dei dipinti a olio e delle statue in marmo per lavorare con materiali quotidiani e organici come l’ardesia, la cera, il legno e il feltro. Allontanatosi dall’Arte Povera, e dall’Italia, si è avvicinato nel corso della sua vita, fino alla morte nel 1994, a diverse discipline dalla musica alla matematica, dalla filosofia all’esoterismo, dando vita a un corpus di opere molto elaborato. Eccone dieci per ripercorrere le tappe cruciali della sua vita.

Giulia Giaume

www.archivioalighieroboetti.it

LO SPIRITO LUDICO DELLA LAMPADA ANNUALE DI BOETTI

Lampada annuale, Alighiero Boetti, 1966 CC Archivio Boetti

Lampada annuale, Alighiero Boetti, 1966 CC Archivio Boetti

Le opere di Boetti in seno all’Arte Povera ricordano i gesti curiosi e istintivi dei bambini, una cifra che resterà propria di tutta la produzione dell’artista, in bilico tra una natura ludica e una intellettuale. Un esempio celebre è la Lampada Annuale, realizzata nel 1966 per la sua personale alla Galleria Christian Stein di Torino: l’opera consiste in una lampadina, posta dentro una scatola di legno, che si accende una volta all’anno per soli 11 secondi; il momento casuale di illuminazione è determinato da un meccanismo interno ignoto agli osservatori. L’opera va a stimolare l’aspettativa del pubblico, finendo per assumere un’aura magica.

L’ARTE POVERA DELLE COLONNE DI BOETTI

Colonne, Alighiero Boetti, 1968, 5 elementi CC Archivio Boetti

Colonne, Alighiero Boetti, 1968, 5 elementi CC Archivio Boetti

L’apice della produzione di Arte Povera di Boetti vive nelle nove Colonne, create nel 1968: queste, che all’apparenza sembrano una serie di colonne classiche scolpite nel marmo, sono in realtà composte da una miriade di centrini di carta sovrapposti su un’asta di ferro. All’interno di una delle colonne sono riconoscibili le spinte ludiche comuni a tutti i compagni dell’Arte Povera: questa, infatti, racchiude al suo interno numerose iscrizioni e dediche segrete realizzate da colleghi artisti, ospiti ed espositori della mostra romana per la quale fu realizzata all’inizio del 1968. Con le Colonne Boetti si sposta già verso una dimensione più concettuale dell’arte, sviluppando una nuova poetica che lo porterà a rompere con il resto del movimento: “Alcuni dei momenti migliori dell’Arte Povera erano momenti da ferramenta, c’è così tanto in un negozio di ferramenta“, rifletteva Boetti nel 1972. “Questo è diventato così esagerato nel 1968 che è finito in nausea, poi è finita – finita!“.

I LAVORI POSTALI DI ALIGHIERO & BOETTI

Dossier Postale, Alighiero Boetti, 1969–70 CC MoMA

Dossier Postale, Alighiero Boetti, 1969–70 CC MoMA

Separatosi dall’Arte Povera nel 1972, Boetti si trasferì a Roma e si dedicò completamente all’arte concettuale. Quale nuova visione artistica stesse elaborando, dopo la sua fuoriuscita, ce lo rivelano le sue opere cosiddette “postali”: Dossier Postale (1969-70), composta da 26 lettere inviate a destinatari famosi a indirizzi immaginari, tra cui l’appena deceduto Marcel Duchamp, Otto lettere dall’Afghanistan – con tre esemplari del francobollo afgano emesso il 16 ottobre 1969 per la Luna crescente rossa nazionale combinati otto volte e conservati su altrettanti plichi spediti in Italia – e Codice: Eritrea libera, con 18 buste in cui l’imperatore Hailè Selassiè è riportato dal dritto e dal rovescio. Proprio in questi anni l’artista cambiò il suo nome in Alighiero & Boetti: come se fosse due artisti in uno, cominciò a firmare tutti i suoi lavori con la doppia dicitura.

GLI ARAZZI DI BOETTI

Ammazzare il tempo, Alighiero Boetti, 1979, ricamo su tela CC Archivio Boetti

Ammazzare il tempo, Alighiero Boetti, 1979, ricamo su tela CC Archivio Boetti

Delle molte serie di lavori create da Boetti, quelle di ricami multicolori note come Arazzi sono forse le più famose: le griglie a mosaico combinano le singole lettere in parole e frasi che lo spettatore deve decifrare leggendo, in modo non convenzionale, dall’alto verso il basso, dalla colonna di sinistra a quella di destra. Le frasi, che possono ripetersi come nella serie Ammazzare il tempo, spaziano da proverbi e poesie fino all’impostazione di problemi matematici. Ogni lettera ha una sua identità autonoma: scomponendo il testo nelle sue parti costitutive, Boetti scompone il linguaggio in una sequenza di forme sofisticata ma artificiale, mettendo in dubbio il senso stesso delle convenzioni sociali.

LE MAPPE DI BOETTI

Mappa, Alighiero Boetti, 1988 89, ricamo su tela CC Archivio Boetti

Mappa, Alighiero Boetti, 1988 89, ricamo su tela CC Archivio Boetti

A contendersi il ruolo di maggiore serie di celebre di Boetti ci sono poi le Mappe, cartine-arazzi del mondo in cui ogni Paese è rappresentato dai colori della sua bandiera. Ne esistono in totale 150, di varie dimensioni, dagli anni Settanta ai Novanta: tutte insieme formano una sorta di ritratto ideologico del passare del tempo e dei cambiamenti geopolitici, postulando allo stesso tempo la nozione di un mondo unito. Boetti realizzava questi lavori (così come gli Arazzi) impiegando la manodopera di ricamatrici afghane: andato nel Paese lungo le orme di un suo (presunto) avo – il monaco domenicano del XVIII secolo Giovanni Battista Boetti, che si dice si fosse convertito all’Islam durante una missione a Mosul, avesse preso il nome di Sheikh Mansur e guidato una ribellione cecena contro la Russia di Caterina la Grande – vi si recò regolarmente per tutti gli anni ’70, e aveva persino acquistato un hotel a Kabul. Le Mappe sono spesso distinguibili tra loro per il colore dell’oceano, che va dal viola al bianco-grigiastro: sembra che Boetti lasciasse le tessitrici a deciderne il colore, e poiché non avevano mai visto il mare questo dava risultati molto vari.

I MILLE FIUMI PIU LUNGHI DEL MONDO DI BOETTI

I mille fiumi più lunghi del mondo, Alighiero Boetti, 1983, stampa tipografica su carta

I mille fiumi più lunghi del mondo, Alighiero Boetti, 1983, stampa tipografica su carta

Con la sua prima moglie, la critica d’arte Anne Marie Sauzeau (con cui ha avuto il figlio Matteo, autore di una collezione di poesie dedicata al padre, e la figlia Agata, autrice di un libro su Alighiero e direttrice del suo archivio), Boetti ha dato vita a I mille fiumi più lunghi del mondo (1976-82). In questo progetto ambizioso i i due hanno raccolto ed elencato i fiumi del mondo, in ordine di lunghezza, in un libro e due arazzi. All’introduzione di Sauzeau, che ne racconta lo scopo, la metodologia e le incongruenze, seguono nel testo mille pagine senza indice, ognuna delle quali riporta tutte le informazioni (spesso contrastanti) raccolte dalle più diverse fonti sui fiumi in ordine decrescente di lunghezza. Qui, oltre alla tendenza a catalogare tipica di Boetti, emerge la necessità di mettere in evidenza i dubbi, le contraddizioni, i problemi linguistici e di metodo che si pongono quando si raccolgono e razionalizzano dei dati.

I LAVORI A BIRO DI BOETTI

Aerei, Alighiero Boetti, 1983, penna a biro su carta intelata CC Archivio Boetti

Aerei, Alighiero Boetti, 1983, penna a biro su carta intelata CC Archivio Boetti

Campione dell’uso della penna a sfera, Boetti ha realizzato una serie di vaste opere a biro minuziosamente scarabocchiate, che, se pure con un aspetto apparentemente caotico, si spingevano fino alla codifica di serie numeriche (come nel caso de I sei sensi). L’effetto complessivo delle opere realizzate con le biro tende ad essere libero, irregolare, componendosi in ricche distese di blu e verdi con gradazioni e motivi che ricordano un mare o un cielo notturno, il tutto con una minuzia incredibile. La precisione del tratto dell’artista emerge particolarmente in opere come Aerei, dove l’effetto giocoso che mima la carta da parati è contrapposto alla perizia esecutiva. “Se per me la moltitudine di aerei fatta da Alighiero rappresentava una concentrazione deliziosa e ludica di un cielo ideale, per mio padre questa accumulazione doveva essere sviluppata all’estremo e raggiungere l’esattezza, la precisione e la conoscenza. […] Per lui era essenziale catalogare ogni aereo del momento e tutti i modelli esistenti nel mondo. Un inventario perfetto”: così ne ha scritto la figlia Agata Boetti ne Il gioco dell’arte con mio padre Alighiero.

LA SERIE “TUTTO” DI BOETTI

Tutto, Alighiero Boetti, 1992 1994 CC Archivio Boetti

Tutto, Alighiero Boetti, 1992 1994 CC Archivio Boetti

Quando nel 1979 le truppe sovietiche invasero e occuparono l’Afghanistan, la produzione di arazzi dell’artista venne interrotta: in poco tempo si rimise in contatto con tessitori e tessitrici, rifugiatisi nell’area di Peshawar in Pakistan, continuando a collaborare con loro per la sua ultima serie di ricami, Tutto. Queste opere ricordano, se viste da lontano, delle composizioni espressioniste astratte, ma se guardate attentamente mostrano, celati, degli oggetti e simboli di uso quotidiano “impacchettati” gli uni con gli altri e a formare un puzzle coloratissimo. Boetti scelse di raffigurare enciclopedie, libri di scuola, riviste e giornali – alcuni di questi motivi erano stati anche convertiti in stencil dall’artista per essere riutilizzati.

I LIBRI ROSSI DI BOETTI

15 libri rossi, Alighiero Boetti, 1993 94, Libri cartonati CC Archivio Boetti

15 libri rossi, Alighiero Boetti, 1993 94, Libri cartonati CC Archivio Boetti

I 15 Libri Rossi, realizzati a ridosso della precoce morte dell’artista tra il 1992 (anno di nascita del suo ultimo figlio, Giordano, avuto dalla seconda moglie Cristina Raganelli) e il 1994, sono una serie di diari fotografici d’archivio in cui Boetti ha assemblato, apparentemente a casaccio, fotocopie in bianco e nero di articoli, schizzi, telegrammi, cartoline e mappe in quindici volumi di libri rilegati ed elegantemente rivestiti di rosso. La serie è stata stampata in un’edizione di 11 con ogni libro contenente 111 pagine – il numero magico, lo stesso della Lampada Annuale, potrebbe essere stato recuperato da Boetti dal sistema di principi sufisti di Naqshbandi – andando a riflettere gli interessi dell’artista. I ritagli degli articoli trattavano notizie dall’Afghanistan e dal Medio Oriente e novità politiche, c’era la corrispondenza dai musei sul suo lavoro, pezzi interessanti di gioielleria, arredamento, arte decorativa, arti egiziane e greche, persino ritratti di famiglia: insomma, i Libri Rossi sono un diario fotografico intimo.

AUTORITRATTO DI BOETTI

Autoritratto, Alighiero Boetti, 1993, bronzo, sistema idraulico e dispositivo elettrico CC Archivio Boetti

Autoritratto, Alighiero Boetti, 1993, bronzo, sistema idraulico e dispositivo elettrico CC Archivio Boetti

Per un artista affascinato dalla dualità, come era Alighiero & Boetti, l’autoritratto non poteva che essere un momento di autoanalisi importante, definitivo. Autoritratto è una scultura in bronzo che mostra l’artista mentre si fa la “doccia” con un tubo alzato sopra la testa: quando l’acqua va a contatto con il corpo (il cui metallo è riscaldato ad alte temperature), la testa emette vapore. La metafora ironica del processo di creazione artistica riflette anche le riflessioni ormai mature sulla malattia e la morte: nell’anno della realizzazione dell’opera, il 1993, a Boetti era stato diagnosticato il tumore al cervello che lo avrebbe portato alla morte nel giro di un anno.

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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