La Natività a Palermo. Otto artisti per otto presepi contemporanei in mostra da RizzutoGallery

Fino al 6 gennaio 2022 sono esposte nella galleria palermitana otto scene della natività rielaborate da artisti contemporanei. Una collezione in progress, che cresce negli anni, per sfidare il vecchio cliché del presepe artigianale, facendone una rappresentazione sacra contemporanea…

Arte sacra, mitologie bibliche, immaginario cristiano. E un tema di genere, che ha abitato la grande pittura classica, come le liturgie domestiche osservate sotto le festività natalizie. La Natività dischiude il mistero dell’incarnazione del Dio-verbo nel Dio-corpo – uomo, fanciullo – nutrendo nei secoli l’iconografia religiosa più alta, insieme alle più minute declinazioni della tradizione popolare. Farne oggetto di una riflessione estetica attuale è una sfida complicata, col rischio dell’ingenuità o della forzatura dietro l’angolo. Nel proliferare di dozzinali produzioni d’ispirazione religiosa, tra improbabili arredi ecclesiastici e mostre o biennali tanto pretenziose quanto maldestre, una luce si accende improvvisa rievocando le prove eccellenti di maestri del ‘900 o le importanti ricerche eterodosse di certi artisti contemporanei.

Presepi d'artista #4, Andrea Cusumano e Francesca Polizzi. RizzutoGallery, 2021, installation view

Presepi d’artista #4, Andrea Cusumano e Francesca Polizzi. RizzutoGallery, 2021, installation view

PRESEPI D’ARTISTA: UNA COLLEZIONE IN MOSTRA

Ci hanno giocato con cura e con passione i due galleristi palermitani Eva Oliveri e Giovanni Rizzuto, porgendo lo spunto della Natività a otto artisti siciliani e chiedendo loro di realizzare una propria interpretazione del presepe, non più stereotipo artigianale ma libero esperimento pittorico, scultoreo, installativo. Il relativo apparato di simbologie, narrazioni, iconografie codificate, lascia spazio a una libera rilettura fatta anche di capovolgimenti, spostamenti, reinvenzioni, accostamenti nuovi. Micro mostre in forma di duetti, presentati in galleria in occasione del Natale: nel 2014 il debutto del progetto con Daniele Franzella (Palermo, 1978) e Luigi Citarrella (Palermo, 1981), l’anno successivo Francesco De Grandi (Palermo, 1968) con Alessandro Bazan (Palermo, 1966), nel 2018 Giuseppe Agnello (Racalmuto, 1962) e Sergio Zavattieri (Palermo, 1970). Quindi cinque anni di pausa e nel 2021 la ripresa, con Francesca Polizzi e Andrea Cusumano (il quale, dopo la lunga e fortunata parentesi da assessore alla Cultura per la giunta Orlando, è tornato a vestire i panni di artista e regista teatrale). Le prime tre edizioni (inaugurate nell’originaria galleria-appartamento dei Rizzuto) sono adesso riproposte in blocco, insieme all’ultima, nei grandi ambienti della nuova sede di Via Maletto, dal 18 dicembre fino al 6 gennaio 2022. Opere non in vendita, prodotte e acquisite dai galleristi per la loro personale collezione.

Daniele Franzella, Wunderschrank, 2014. Materiali vari, 178 x 90 x 50,5 cm

Daniele Franzella, Wunderschrank, 2014. Materiali vari, 178 x 90 x 50,5 cm

EVOCAZIONI TEATRALI

Nell’armadio delle meraviglie di Franzella riposano, con un ordine meticoloso ed inquietante, memorabilia, bizzarrie, feticci sinistri, documenti perduti e catalogati. È lo scrigno di un collezionista, la scena di un teatrino d’antan, una casa di bambole, un archivio sentimentale. Il presepe si scompone, si fa in pezzi, diventa il set di un dramma del ricordo e della Storia. Interno domestico con Sacra Famiglia, che è una qualunque famiglia ebrea in posa dinanzi all’obiettivo (che sia quello del fotografo a immortalare, o quello del regime a mettere a morte), vittima e testimone della tragedia del nazi-fascismo; con loro i tre Re Magi, personificazioni del popolo Camita, Semita e Ariano, mentre le milizie armate schizzate su un acquerello seguono la stella, non più cometa ma simbolo della stirpe di Davide. Trofei di caccia appesi alla parete sono il bue e l’asinello, e una sfilza di oggetti d’epoca problematizza e rievoca il senso della famiglia e il peso della memoria.

Luigi Citarrella, Lexorandi, lexcredendi, 2014. Legno, gesso smaltato, 117 x 90 ø cm

Luigi Citarrella, Lexorandi, lexcredendi, 2014. Legno, gesso smaltato, 117 x 90 ø cm

E se  Citarella concentra in un unico atto il pathos dell’attesa, scolpendo nella lucida ceramica bianca il brusio della folla, la fatica di una donna nel momento del parto e l’assenza di quel bambino che è invisibile fulcro della scena, è di nuovo l’elemento del teatro a tornare nell’opera di Andrea Cusumano, definita un’”arca” – nel senso di forziere, contenitore di oggetti preziosi – e costruita come una scenografia che muta ad ogni sguardo, ad ogni angolazione prospettica: teatrini d’ombre, ricordi, frammenti biografici, sculture, la silhouette in trasparenza del bambino Gesù, ritagli di vecchie scenografie e il tepore delle luci sul palco, per una sintesi di un’idea di teatro in cui l’esperimento drammaturgico si fa esperienza esistenziale.

Giuseppe Agnello, Annunciazione, 2016. Resina poliestere, dimensioni ambientali

Giuseppe Agnello, Annunciazione, 2016. Resina poliestere, dimensioni ambientali

PITTURA E SCULTURA: DAI GRANDI MAESTRI AL POP

C’è l’evocazione della grande pittura trecentesca, invece, nel piccolo presepe di Francesca Polizzi, che rielabora una visione giottesca tra il minimalissimo supporto in ottone e la scultura in colofonia e mirra: alla finezza dei materiali è affidata la trasposizione di un affresco sul tema della Natività, scandito da un rigore compositivo che vede le piccole figure definire lo spazio in tre momenti narrativi, con tutta la loro plasticità fluida, quasi astratta, al centro di un processo spirituale di trasmutazione. Tra la vita che giunge e la morte prematura già scritta.
Ancora indagini sulla figurazione e riferimenti alla statuaria classica con Agnello, la cui maestria tecnica è tutt’uno con l’intensità espressiva, velata di un lirismo che non diventa mai stucchevole indugio emotivo e che rivela una schiettezza tutta contemporanea. Il tema dell’Annunciazione si risolve nella dinamica tra l’uomo, scolpito nel nero opaco della materia pesante, e il chiarore lattiginoso della donna; nelle mani di lui un ramo di pigne, simbolo di fertilità, e un bouquet d’acanto sul ventre di lei, immagine della purezza. Il tempo è sospeso, annullato, nel fermo immagine rubato a due individui qualunque, figli di un presente che nella sublimazione artistica si sporge verso un principio ideale.
Si misura con la tradizione anche Bazan, restituendo in punta di pennello una classica natività figurativa: la piccola tela dai toni caldi, terrosi, accoglie una Naiveté che sceglie di enfatizzare tutta la dolcezza e l’ingenuità delle infinite rappresentazioni sacre proliferate in ogni tempo e in ogni dove. Un accento consapevole su quel coté naïf e popolare che si specchia, a suo modo, nella straordinaria vicenda della storia dell’arte e della pittura europea.

Francesco De Grandi, Senza titolo, 2015. Mixed media (smalto, acetato, legno, ferro, lampade) 180 x 100 x 70 cm

Francesco De Grandi, Senza titolo, 2015. Mixed media (smalto, acetato, legno, ferro, lampade) 180 x 100 x 70 cm

MACCHINE PER VISIONI ULTERIORI

Ragionano invece sui meccanismi e i dispositivi della visione De Grandi e Zavattieri. Il primo, con un artificio spettacolare a metà fra pittura, teatro e studio dei fenomeni ottici, allestisce la sua scena luminescente all’interno di un micro ambiente fantastico, ispirato alle antiche lanterne magiche, attrazioni popolari in uso a partire dal VII secolo: attraverso un foro l’occhio inciampava nella meraviglia di mondi artificiali, teatrini visivi costruiti attraverso stampe, sagome ritagliate, effetti luminosi. Per Zavattieri si tratta invece di evocare un’ottocentesca macchina stereoscopica, con una raffinatissima installazione sospesa tra sapore metafisico e gusto vintage. La preziosità del supporto, divenuto esso stesso scultura e veicolo di memoria storica, confligge e insieme si armonizza con la natura cheap delle tre statuine in plastica – Gesù, Giuseppe e Maria dentro la capanna di Betlemme – fotografate con un bianco e nero che confonde ulteriormente, nel cortocircuito tra epoche, materiali, identità e natura degli oggetti e dei soggetti.
Il mistero della visione finisce così per corrispondere al mistero del divino, incarnatosi nella concretezza delle cose e della storia. Un filo rosso che accompagna, con direzioni e declinazioni diversissime, l’intera vicenda dell’arte sacra e quell’ostinata volontà di trasporre in immagine il piano metafisico, fra cielo e terra, metafora e documento, osservazione antropologica e percezione spirituale.

– Helga Marsala

 

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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