Mondi lontani e fiabeschi. La mostra di Daniela Monaci a Roma
Allo studio Tiepolo38 a Roma vanno in mostra le fotografie, i disegni e le opere in creta di Daniela Monaci. Un viaggio simbolico e poetico attraverso terre lontane e misteriose, geografie che alludono al tema dell’acqua e della terra come elementi psicologici e creativi
È un mondo lontano quello di Daniela Monaci (Torino, 1954), una dimensione profondamente intima e psicologica che si genera dal reale per evolversi in sovrastrutture liriche, poetiche, segrete. L’artista conduce lo spettatore in geografie remote e surreali, lontane nel tempo e nello spazio, in quei territori dove, persi i riferimenti stabili, ci si affida al processo semantico, simbolico e creativo dell’artista, come in una fiaba, in cui la dimensione temporale appare perennemente sospesa, siderale, congelata.
LE OPERE DI DANIELA MONACI
L’iconografia ricorda i disegni botanici e i taccuini medievali di Pisanello o di Dürer, ma la Monaci sofferma il proprio sguardo sui particolari, ingigantendoli e rendendoli contemporanei, modificandoli attraverso un processo di evoluzione e smembramento dell’immagine stessa, così da far apparire il soggetto immobile e rarefatto. La stessa sospensione è presente nelle installazioni, elementi tridimensionali in argilla che si originano dalle carte nautiche di terre e acque sconosciute, lontane dal rumore assordante della contemporaneità: l’acqua come elemento psicologico, emblema di purificazione, morte e rinascita che per Gaston Bachelard in L’Eau et les Rêvesè (1948) è libido, maternità, rêverie.
Queste geografie al femminile sono mappe in cui vengono tracciati piccoli fori che, oltre a essere percorsi e sentieri, sono soprattutto tragitti dell’anima: “Il pensiero”, come sottolinea la curatrice Giovanna dalla Chiesa, “si trasmette lievemente a una mano, che va da sola quasi senza intenzione, e ritrova l’onda, i ritmi, le traiettorie e il battito del tempo, scalfito nelle trafitture preziose della creta che circondano da cima a fondo le superfici in emersione”.
‒ Fabio Petrelli
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