Installazioni, ologrammi e tecnologia. La mostra di Giuliana Storino a Bari
Allestita nel Museo Archeologico di Santa Scolastica, la mostra di Giuliana Storino prende spunto dalla lezione di Eraclito traducendola in chiave contemporanea
Il Museo Archeologico di Santa Scolastica conferma la sua apertura al contemporaneo con la personale Il sole è nuovo ogni giorno di Giuliana Storino (Manduria, 1986), curata da Giacinto Di Pietrantonio e promossa dalla Città Metropolitana di Bari con il coordinamento di Roberta Giuliani. Si tratta della prima personale nella sua terra d’origine dell’artista che ambienta alcuni dei suoi ultimi lavori in un complesso monumentale saturo di memorie e stratificazioni del passato. Prende il titolo da Eraclito e ne recepisce il senso, quello di un’esperienza che è sempre nel presente, dinamica e agita con occhi non usurati, come, del resto, chiarisce l’artista stessa: “Differente dalla successione del tempo cronologico, Il sole è nuovo ogni giorno, impiega il tempo senza nominarlo. È l’atemporalità del tempo che fa ricorso alla potenziale energia dell’immagine esperita dall’opera d’arte, di divenire nuova ogni giorno, chiamando in causa il sentire umano. Solo l’uomo vive l’esperienza del tempo, che si attua attraverso quella del vivere. La vita consiste in questo continuo passare da uno spazio all’altro nel tentativo di farsi meno male possibile!”.
LE OPERE DI GIULIANA STORINO
Su questa traccia il rapporto con il luogo avviene attraverso proiezioni, ologrammi e installazioni, con supporti tecnologici che spostano sapientemente i confini tra naturale e virtuale. A partire dalla mano, strumento risolutivo nella gerarchia tra animali e umani e responsabile del lungo cammino evolutivo, dalla preistoria a oggi. La sua mano operosa, per esempio, ordisce trame generate da sottili strisce adesive, filamenti monocromi disposti su supporti cartacei per comporre eleganti canovacci geometrici. Con l’aiuto del digitale, la mano è in grado di riprodursi in sequenze multiple, trattenute in traiettorie serpentine, simili a vertebre estratte da pellicole radiografiche. Dichiarata l’ispirazione futurista anche nel titolo, I vertebrati, quelli che vanno, rimodulato su quello della celebre opera di Boccioni.
LA MOSTRA DI STORINO A BARI
Un frastornante canto di cicale, nell’installazione Cicàdidi, si anima visivamente con nastri oleografici penzolanti, dove la luce riverbera e invade lo spazio in iridescenti tonalità. Storino ha registrato in Puglia il frinire delle cicale nell’arco di un giorno fissandolo in una struttura 3D che riporta, anche materialmente, il suono in un’unica traccia grafica. Chiudono il percorso espositivo, nel chiostro, gruppi di colonne metalliche rivestite di olografie cangianti, tautologicamente in dialogo con quelle antiche, immerse nelle aspre e desolate sonorità dei Radiohead.
‒ Marilena Di Tursi
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