Torino: il miracolo della visione nella mostra di Giulio Paolini da Tucci Russo
Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea presenta a Torino la quarta mostra personale di Giulio Paolini intitolata “Qui (da lontano)”: un viaggio nello spazio e nel tempo per celebrare il miracolo della visione con lo sguardo dell’artista
Il percorso espositivo di Qui (da lontano) di Giulio Paolini (Genova, 1940) in mostra a Torino da Tucci Russo è un corpus di opere inedite che riflettono sui temi ampiamente trattati nella sua ricerca artistica quali la vertigine del tempo, la prossimità e la distanza, familiare e straniero, consueto ed esotico e la figura dell’artista. Gli spazi della galleria sono ritmati dalla serie di collage Qui (da lontano): fotografie prese da atlanti geografici di luoghi esotici mai visitati da Paolini. Il carattere remoto diventa oggetto di fascino per l’artista e così Darab (Iran), Isfahan, Jaipur, Persepoli, Shiraz e Tabriz sono i siti archeologici che attraverso i collage si materializzano davanti al visitatore annullando la distanza fisica. In alcuni sono presenti citazioni della storia dell’arte e autocitazioni anche di lavori precedenti, come la presenza di due figure all’interno del collage Qui (da lontano) ‒ Darab che riprendono il suo lavoro del 1963 Ipotesi di una mostra. “Da Jaipur a Darab, Persepoli e Isfahan la distanza da percorrere è notevole, ma irrilevante o addirittura inesistente se questi o altri luoghi si traducono in immagini fotografiche, carta da disegno, matita e compasso a disposizione del viaggiatore”, afferma l’artista.
LE OPERE DI PAOLINI IN MOSTRA A TORINO
In ogni sala c’è una scultura che accoglie i visitatori nella tendenza all’infinito tanto sognata e cercata da Paolini. In orbita (2021) è composta da due calchi in gesso di mani femminili, orientate l’una verso il basso e l’altra verso l’alto, sormontati da una sfera armillare che trattiene un goniometro – allusioni ai viaggiatori antichi ‒, come se stessero sostenendo nello spazio cosmico gli elementi in equilibrio precario; il tutto poggiato su una mappa stellare tonda, ricorrente nei lavori dell’artista. Caduta Libera, presente nella seconda sala, è invece il calco in gesso dell’artista che coglie dei frammenti d’infinito, simboleggiato dal cielo, pur sapendo che non riuscirà mai a trattenerli. Nella terza sala, infine, Habitat è lo starter pack del viaggiatore, rappresentato da un insieme di oggetti cari a Paolini in virtù della loro dimensione simbolica quali strumenti dell’artista: pietra pirite, una rosa gialla ‒ citazione di un racconto di Borges ed elemento che torna spesso nei lavori di Paolini ‒, un pennello usato, una boccetta di inchiostro azzurro, frammenti cartacei autografati, una clessidra e un compasso che cinge una lente d’ingrandimento.
In mostra inoltre è esposto un arazzo tessuto a mano da Ateliers Pinton dal titolo Dopo Tutto, in cui autore e spettatore coincidono nella stessa figura anonima e di spalle. Una sorta di autoritratto rovesciato che sembra tanto interrogare il proprio sguardo quanto la propria identità: “La figura rappresentata (…) è rivolta a un al di là, verso qualcosa che non è dato vedere”, commenta l’artista.
‒ Giulia De Sanctis
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