La mostra diffusa di Jenny Saville a Firenze

Il Museo Novecento di Firenze celebra l’ex Young British Artist con una grande mostra a cura di Sergio Risaliti che si espande nell’intera città

È stata una ragazza terribile a 18 anni, membro della Young British Art, compagine di artisti in gran parte studenti al Goldsmith College di Londra, raccoltasi verso la fine degli Anni Ottanta e poi consacrata da Saatchi nel 1997. Oggi, a 51 anni, Jenny Saville, nata a Cambridge nel 1970, residente a Oxford, è un’artista matura. Lo dimostra l’esposizione di grande formato voluta da Sergio Risaliti per il suo Museo Novecento di Firenze, e intelligentemente espansa in molti luoghi illustri della città, facendo esplodere l’arte della pittrice in senso talvolta cronologico, talvolta tematico e riportandoci, dopo aver spiegato “chi è”, a scoprire le ultime evoluzioni che stanno attraversando il suo lavoro.

Jenny Saville, Chasah, 2020 © Jenny Saville. Photo Prudence Cuming Associates. Collezione privata. Courtesy Gagosian

Jenny Saville, Chasah, 2020 © Jenny Saville. Photo Prudence Cuming Associates. Collezione privata. Courtesy Gagosian

JENNY SAVILLE: IL DISEGNO E IL RITRATTO

Cuore del progetto è ovviamente la casa madre, il Museo di fronte a Santa Maria Novella, dove, di piano in piano, scopriamo l’amore per il ritratto (e per Rembrandt – a lui è dedicato un Autoritratto del 2019), più in generale per la grande pittura classica, dell’artista. Una pittura, però, che, pur rispettando la lezione dei maestri, non ne ripete pleonasticamente le gesta, facendo i conti con la realtà delle cose. I volti della Saville appaiono come appoggiati, schiacciati a un vetro, visti dall’alto, o dal basso, con una presa molto ravvicinata, come fotografati da un iPhone, banalmente dei selfie riportati in pittura. “Una posizione di vulnerabilità, nella quale non hai il controllo”, spiega l’artista a Nicholas Cullinan, nella bella intervista prodotta da Gagosian e proiettata al piano superiore del museo. Acme di questo percorso, che parte dagli Anni Duemila e raggiunge il presente, la grande tela Rosetta II (2000-06), una sorta di pala d’altare contemporanea che infatti occupa, colpendo allo stomaco con la sconcertante sacralità dello sguardo cieco della sua protagonista, l’edicola della ex chiesa dello Spedale, virtualmente dirimpetto al Crocifisso ligneo nella navata centrale di Santa Maria Novella.

Jenny Saville, Study for Pentimenti III (sinopia), 2011 © Jenny Saville. Photo Mike Bruce. Collezione privata. Courtesy l'artista & Gagosian

Jenny Saville, Study for Pentimenti III (sinopia), 2011 © Jenny Saville. Photo Mike Bruce. Collezione privata. Courtesy l’artista & Gagosian

JENNY SAVILLE: LE PIETÀ

Ai ritratti si accompagna un nutrito corpus di disegni dove l’artista si impegna anatomicamente per poi immediatamente disimpegnarsi, affidandosi a licenze poetiche: forme tornite vengono disilluse da una gestualità rapida e disarmante, gli sguardi si perdono, i volumi si incastrano o si smaterializzano (ad esempio, Suspension Study, c. 2000-01, Black Mass (after Leonardo), 2008, Couple l, 2015). Nei dipinti, invece, corpi di carne livida, carne che riflette la luce delle cose, carni che diventano all’occorrenza reali, elettriche e surreali (Prism, Chasah, Arcadia, 2020 e Messenger 2020-21).
La fa da padrone il tema della Pietà (la mostra ospita diversi studi a riguardo), un tema importante per la città e anche per il museo (non a caso reinterpretato anche dall’opera di Francesco Vezzoli in Piazza della Signoria). Un tema che ha affascinato l’artista nella sua ultima produzione, ma che si intreccia con le dinamiche del presente e le evoluzioni della tecnologia e che ha assunto sviluppi più complessi durante la pandemia.
Negli ultimi anni la mia preoccupazione è stata come tradurre in pittura tutte queste realtà multiple che stiamo vivendo oggi. Non viviamo in una unica realtà”: il nostro cervello, ci spiega l’artista, è costantemente connesso a differenti piani di immagini che fluttuano davanti a noi. Dalle call su Zoom alle news, siamo circondati da messaggi che ci costringono a confrontarci con la realtà su più livelli. Questo clima di stratificazione ha influenzato in maniera notevole la sua pittura, che negli ultimi anni si è evoluta in un gioco di sovrapposizioni, di immagini liquide l’una sopra l’altra, da sfogliare come veline, o che dinamicamente occupano ‒ zigzagando ‒ l’intera superficie della tela. Emblematica in tal senso la serie delle Sirene e lo Studio per le Menadi, realizzati tra il 2019 e il 2021.

LE ALTRE SEDI DELLA MOSTRA DI JENNY SAVILLE

La mostra, come detto, si snoda in altre quattro sedi della città, offrendo una mappatura e un’occasione per visitare luoghi illustri di Firenze. A Palazzo Vecchio, nel Salone del Cinquecento, c’è Fulcrum, opera monumentale del 1998-99, importante nella storia dell’artista perché esposta da Gagosian nel 1999 nella sua prima personale. Il magnifico Museo Opera del Duomo realizza il sogno di ogni artista contemporaneo affiancando una Pietà a carboncino del 2019/21 della Saville alla Pietà Bandini del Buonarroti. Al Museo degli Innocenti svettano The Mothers del 2011 e Byzantium, olio su tela del 2018, mentre il tema michelangiolesco torna naturalmente nell’ultima sede, quella di Casa Buonarroti con gli studi della Saville sui temi della Pietà e della maternità, tra le molte altre opere in mostra.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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