Tu mi fai girar. La performance di Giovanni Morbin al Mart
Le immagini della performance “Me” realizzata dall’artista Giovanni Morbin al Museo MART di Rovereto in occasione della Giornata del Contemporaneo
Entri al Mart, in occasione della scorsa Giornata del Contemporaneo, e trovi nell’androne un uomo seduto su di uno sgabello che gira vorticosamente su se stesso. È vestito di nero e ruota sul suo asse, come il celebre Profilo continuo (Testa di Mussolini) di Renato Bertelli che si intravede nello spazio, al quale evidentemente allude. Ma, al contrario del bronzo futurista nero di Bertelli, non è silente. Dalla sua voce si sentono delle parole che mettono i brividi. “Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate!”.
LA PERFORMANCE DI GIOVANNI MORBIN AL MART DI ROVERETO
È la dichiarazione di guerra fatta da Mussolini nel giugno del 1940, che viene però interrotta all’improvviso dal blocco della rotazione e dal tentativo dell’artista di stare in piedi. Ubriacato dalle piroette l’artista non si regge sulle proprie gambe e cade. Poi si sistema e ripete l’azione dell’inizio. Per una seconda e una terza volta l’azione viene interrotta nello stesso modo, fino a quando l’artista scendere dallo sgabello e, pur barcollando, riesce a stare in piedi. A quel punto improvvisamente corre verso il muro per tracciare con un carboncino una “M” e una “e”, prima di uscire di scena. La prima è enorme, monumentale come l’iniziale del duce, la seconda invece piccola, solo per completare e ribaltare il senso della parola.
IL FASCISMO NELLA PERFORMANCE DI GIOVANNI MORBIN
La performance Me di Giovanni Morbin (Valdagno, 1956) allude al residuo consapevole e inconsapevole di fascismo nella nostra società contemporanea. Contrariamente a quanto possa sembrare a primo acchito, nell’azione dell’artista il fascismo viene distillato dai suoi elementi storici per diventare categoria comportamentale metastorica: è insieme un tratto interiore e politico (che riguarda me come individuo), che una farsa annidata nella retorica, nelle parole ampollose di popolo o di patria. È la vittoria del dinamismo del girare su se stessi rispetto alla complessità delle domande che la realtà ci pone. E, insieme, la tragedia del torpore geometricamente alimentato dalla rotazione, manipolati da forze – non solo politiche – alle quali non vogliamo/sappiamo adeguatamente porre resistenza. Le immagini.
-Daniele Capra
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