L’immaginario pittorico di Emilio D’Elia in mostra a Bari
Carte, libri d’artista e grandi tele costituiscono una cosmogonia di immagini e colori, segni e stratificazioni cromatiche in cui risiede l’immaginario di Emilio D’Elia, intimo e fiabesco, a tratti inquietante
Emilio D’Elia (San Pietro Vernotico, 1958) è uno degli artisti meridionali più interessanti e schivi della sua generazione. Lo si comprende a chiare lettere immergendosi nella mostra personale Apeiron-Visioni d’infinito che Cecilia Pavone ha curato sul suo lavoro recente – l’ultimo ventennio – al Museo Nuova Era di Bari. Muovendosi con disinvolta leggerezza tra piccoli formati e opere più grandi, D’Elia imbastisce un immaginario in cui esseri antropomorfi fluttuano in uno spazio aperto, denso, stratificato, un cosmo dilatato di blu, gialli, verdi, luci e buio, imperituro, che persiste costantemente in questi impossibili paesaggi mentali e propri a cui l’artista guarda da tre decenni.
LA PITTURA DI EMILIO D’ELIA A BARI
È una pittura intima, la sua; una pittura filosofica, che più che all’immagine bada alla sostanza di un pensiero in grado di generare riflessioni sull’essenza del vivere dell’essere stesso. È un diario assolutamente privato, in cui talvolta appaiono segni di un vocabolario imperscrutabile, che ci spinge in quello che giustamente la curatrice definisce “nuovo umanesimo della pittura”. Una mostra necessaria, così come la recente (bellissima) da Art&Ars Gallery, sempre in Puglia, in attesa di una – meritata – mostra antologica in un museo della regione in cui ha mosso i primi passi, prima del suo peregrinare prima a Roma e poi a Parigi, dove ha a lungo vissuto.
‒ Lorenzo Madaro
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