Il lato sorprendente della pittura nella mostra di Francesco Lauretta a Lissone
Una cinquantina di opere di Francesco Lauretta vanno in mostra al MAC di Lissone, ripercorrendo la produzione dell’artista dagli Anni Zero a oggi
Il MAC di Lissone è una struttura moderna e luminosa, che accoglie e nello stesso tempo infonde un rispetto sacrale. La scelta espositiva della neo-insediata direttrice Francesca Guerisoli ‒ che inaugura la sua stagione nel museo brianzolo con l’antologica del poliedrico Francesco Lauretta (Ispica, 1964), dal titolo Festival ‒ ne sottolinea la sacralità. Circa cinquanta opere, dagli Anni Zero a oggi, prettamente pittoriche, ma anche disegni, spolveri, sculture, polimaterici, azioni. Una scelta che vuole creare continuità con lo storico Premio Lissone dedicato alla pittura (dal 1947 al 1967), che ha sostanziato il nucleo della collezione permanente, oggi visibile grazie a una selezione al piano interrato, con artisti come Morlotti, Braque, Appel, Tàpies, Bacon, Sutherland e Matta, Schifano, Adami e lo stesso Lauretta.
FRANCESCO LAURETTA E LA SUA ARTE
Lauretta è corposo, gioioso e impegnato: l’arte dal suo punto di vista è inesauribile, anche dopo secoli di tradizione pittorica: la cornice, i colori “sciantosi”, le composizioni, i materiali e i temi sono la vita che si rinnova e trasforma incessantemente. L’artista stesso dichiara: “Era giunto il momento, per me, di iniziare un percorso che sarebbe durato a lungo, magari una vita intera, perché sostenevo che la pittura potesse sorprenderci ancora nonostante la sua gloria e le sue macerie”.
Pur nel folclore chiassoso di alcuni soggetti, legati alla sua isolanità siciliana, come le processioni, i giardini sospesi, gli orizzonti di mare, i cibi profumati, sussistono la caducità e le ombre della vita, con i funerali, gli spolveri effimeri di lapidi, l’alter-ego di riferimento letterario, Pasavento, che punta alla sua sistematica non esistenza.
FRANCESCO LAURETTA A LISSONE
I sucati (esplusi) sono vecchi quadri su cui l’artista è intervenuto in momenti successivi, agendo sul proprio lavoro in senso a-temporale: “A un certo punto, guardandomi intorno, riuscivo a vedere macerie, opere presunte o che erano cresciute nel tempo e poi nel tempo sentite diverse, estranee, o inutili”. I disegni sono il naturale desiderio di esporre, con un semplice gesto, l’istantaneità di un pensiero. E infine, l’intervento audio inedito site specific per il MAC, con la collaborazione di Michele Spadaro, Il mare a Lissone, a suggellare l’incontro con la periferia nebbiosa lombarda, eppure pulsante di arte e design.
‒ Neve Mazzoleni
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