Gianriccardo Piccoli e Alessandro Verdi in mostra a Casa Testori
Entrambi bergamaschi e legati da un sentire comune e affine, Gianriccardo Piccoli e Alessandro Verdi riflettono sul trauma collettivo della pandemia e del distacco dal mondo avvenuto negli ultimi anni nella mostra allestita a Novate Milanese
Ripartire dalla natura, dalla realtà che avvolge il quotidiano e sulla quale si proietta il proprio sguardo, in un continuo rapporto osmotico tra dentro e fuori. È questo il filo – invisibile ma palpabile – che corre tra i lavori di Gianriccardo Piccoli (Milano, 1941) e Alessandro Verdi (Bergamo, 1960) ospitati fino al 26 febbraio 2022 alla Casa Testori di Novate Milanese, centro culturale nato nella villa novecentesca dello scrittore, critico d’arte e letterario, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale e pittore Giovanni Testori e incentrato sulla produzione e valorizzazione dell’arte contemporanea.
LA MOSTRA A CASA TESTORI
La pandemia, l’isolamento, l’appartenenza al territorio bergamasco, la riappropriazione del senso. I due artisti partono da un comune denominatore e raccontano gli ultimi sviluppi del proprio vissuto attraverso le opere esposte nella mostra Dies illa, il cui titolo è mutuato dalla celebre preghiera medievale attribuita a Tommaso da Celano e musicata magistralmente da Giuseppe Verdi nel suo Requiem. “Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla”, attacca il testo; “Giorno d’ira quel giorno, dissolverà il mondo in cenere”. Dies illa è anche il titolo di una raccolta poetica di Testori scritta tra il 1965 e il 1966, grande assente-presente in questa mostra che coincide in parte con la sua memoria e la sua eredità. Dies illa si concluderà sabato 26 febbraio 2022 con un evento di finissage in occasione del quale artisti e curatori presenteranno il catalogo, arricchito dalle foto di allestimento realizzate da Alessandro Zambianchi.
LE OPERE DI GIANRICCARDO PICCOLI E ALESSANDRO VERDI
“Sulla sua scia Piccoli e Verdi, con il loro lavoro, hanno dato forma all’esperienza di ‘angoscia e afflizione’”, sottolineano i curatori Giuliano Zanchi e Giuseppe Frangi. “Sottraendola al circolo senza sbocchi delle analisi o della paura, ne hanno restituita una narrazione testimoniale, dove turbamento e commozione appaiono sentimenti inscindibili. Più che fissarsi in esiti, a loro preme dare visibilità ai processi”. Un dialogo intenso ma portato avanti sottovoce, quello tra i grandi collage sregolati di Alessandro Verdi, che ogni giorno parte dalla sua casa e registra quello che vede attorno a sé attraverso sabbia, zafferano, fili, inchiostro, linee e annotazioni che imprime sulle pagine dei suoi libri tridimensionali, i quali assumono una valenza scultorea che straborda dai propri confini; e, dall’altra parte, Gianriccardo Piccoli mette lo spettatore di fronte a scorci la cui vastità è incommensurabile, dai paesaggi marini alle nebulose impresse nel buio dell’universo. Ma sempre tenendo presente un ripiegamento verso il sé, un’inquietudine interiore intuibile ad esempio dalla parola “nostalgia” che affiora discreta su un bosco ombroso, fino alla parola “vanitas” che campeggia graffita sopra un teschio del memento mori.
– Giulia Ronchi
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