Sovvertire l’immagine. Ori Gersht in mostra a Milano
La mostra allestita alla Galleria Bianconi di Milano sintetizza l’approccio creativo dell’artista israeliano Ori Gersht, che mescola i richiami alla storia dell’arte alle conseguenze dei fatti storici recenti
“Vita immobile” è il significato letterale di still-life, espressione entrata da molto tempo nel linguaggio dell’arte e, in particolare, della fotografia, là dove sono gli oggetti a rappresentare stralci di realtà e a entrare in relazione – grazie a un clic di una frazione di secondo – con un’universalità che proprio dal particolare, imbevuto di ordinaria quotidianità, attinge vigore.
Perturbare la staticità dell’immagine con un atto di violenza, che incrina sia l’armonia visiva sia la stabilità di valori consolidati, rappresenta per Ori Gersht (Tel Aviv, 1967), più che la rivendicazione autoriale dell’artista su quanto registrato dal suo obbiettivo, l’attestazione di appartenenza a una condizione umana e politica. Gersht vive e lavora da molti anni in Gran Bretagna, ma le sue radici affondano nell’inquieta, spesso cruenta, realtà israeliana di cui è stato nell’infanzia testimone. Basti citare la guerra dei Kippur, scatenatasi per poco meno di una ventina di giorni nell’ottobre 1973, ma destinata a lasciare tracce indelebili nei destini individuali di chi la visse in prima persona, e di chi venne dopo.
ORI GERSHT E LA PITTURA
Stretti i legami del fotografo con la pittura. L’inquadratura delle sue opere viene spesso costruita sulla traccia iconografica di dipinti molto famosi: da Verdure e frutta su un davanzale, realizzata nel Seicento da Juan Sanchez Cotan – nel 2006, in Melograno, Gersht trasformava il melograno sospeso nel vuoto in sanguinoso bersaglio, rammentando che nella lingua ebraica il frutto dai semi purpurei porta lo stesso nome della granata (rimon) –, fino alle nature morte di Giorgio Morandi – quando, nel ciclo New Orders-Evertime 21 dedicato oggi al pittore bolognese, vasi, ciotole o caraffe sono colte nell’attimo della loro disintegrazione, sfidando così, con il memento della corruttibilità, la metafisica bellezza di una rappresentazione finalizzata alla persistenza nel tempo.
STILE E POETICA DI GERSHT
Nella serie Becoming, Flower (2021), Gersht perpetua l’armonia dei vasi di fiori raffigurati nei dipinti olandesi del Secolo d’Oro, ma provoca anche la loro spettacolare frammentazione. Lo scoppio, che infrange l’immagine riflessa nello specchio, interrompe l’atto contemplativo e anima di trasmutazioni semantiche ciò che appariva assopito nella sua sterile immobilità.
Ordine e disordine, creazione e distruzione, palpito del passato e veemenza del presente: i dualismi si infittiscono. Ne rappresenta efficace sintesi Becoming, Wall 01 (Metropolitan), dove decine e decine di cartoline provenienti dal bookshop del museo – acquistate dai visitatori come ricordo dei capolavori appena ammirati e destinate a trasformarsi in taumaturgica appropriazione delle opere stesse – sono fotografate, stampate in sequenza su lastra di vetro poi frantumata e ri-fotografata, dando origine a un viaggio nella storia che varca i confini dello spazio e del tempo.
‒ Alessandra Quattordio
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