Matematica della materia. La mostra di Francesca Ferreri a Torino
La galleria Peola Simondi di Torino ospita le riflessioni spaziali di Francesca Ferreri attraverso opere scultoree che rimandano alle logiche matematiche rinascimentali
La ricezione e l’apprezzamento delle figure dipendono strettamente dalla geometria e dalla matematica che l’occhio percepisce. Un pittore del Quattrocento analizzava le forme inserite nella composizione di una scena grazie a calcoli e a proporzioni imparati durante gli anni di scuola e usati quotidianamente. La formazione scolastica laica si rifletteva infatti nell’arte: la misurazione dei contenitori per le merci, che seguiva calcoli geometrici per mezzo del π, ad esempio, viene spiegata nel manuale De abaco (o Trattato d’abaco) di Piero della Francesca.
CALCOLI E MATEMATICA NELLA PITTURA RINASCIMENTALE
Il legame fra misurazione della quantità e qualità della composizione pittorica era interiorizzato nel bagaglio culturale del pubblico colto che guardava i dipinti; da esso dipendevano il giudizio sull’opera e la lettura della scena – le distanze tra gli oggetti, le dimensioni delle architetture e le anatomie dei personaggi. Una dimostrazione pratica (con riscontri forse filosofici): qualsivoglia manuale che trattasse di misurazione si avvaleva di un repertorio di oggetti da comparare (mattoni, cisterne, colonne, eccetera), tra i quali spiccava il padiglione, ovvero un cono o il composto di un cono e un cilindro (o il composto di un cilindro e un tronco di cono) usato per calcolare le aree di superficie. Ogni volta che un pittore ricorreva al padiglione nella sua raffigurazione, l’osservatore coevo ne intuiva all’istante la traccia e la recepiva al di là dell’oggetto che ricopriva quel modello; il fruitore era come “chiamato a misurare” la superficie del mondo dipinto, ovvero calibrava i suoi occhi come l’obiettivo di una macchina fotografica, ripensando i volumi e i rapporti dei soggetti in scena; l’artista lasciava un suggerimento che il pubblico era in grado di recepire. Immediatezza e senso di meraviglia non slittavano in secondo piano, anzi: la precisa e istantanea valutazione del padiglione consentiva di passare dalla dimensione quotidiana (il commercio, la scuola) al mistero (le scene sacre) senza soluzione di continuità, riconducendo alla perfezione delle forme geometriche calcolabili le irregolarità della materia. Il presumere formule e calcoli richiedeva non solo consuetudini di illazione, ma anche interesse e sensibilità visiva di fronte alla realtà di un volume per comprendere l’immagine e apprezzarne ogni sfaccettatura; scienza e arte erano insomma in perfetto equilibrio.
LA MOSTRA DI FRANCESCA FERRERI A TORINO
Aritmetica come recupero della tradizione pittorica, erudizione alla proporzione e armonia sensoriale sono gli obiettivi della ricerca di Francesca Ferreri (Savigliano, 1981), artista e restauratrice che indaga il rapporto tra bellezza e algoritmi nelle installazioni scultoree in mostra presso la Galleria Peola e Simondi di Torino. La personale Matematica della materia – che prende il titolo da Math of Matter, serie di opere che introducono l’esposizione e che costituiscono un reindirizzamento visivo, un padiglione contemporaneo grazie al quale abituarsi a un preciso mondo apparente e calibrare lo sguardo per lasciarlo attecchire nello spazio – esamina le forme e il loro stratificarsi concreto e quotidiano. Eppure restano delle incognite: l’installazione site specific Quiet, Mossy yet alive, composta da molteplici frammenti ceramici e ferri recuperati, gesso ed elementi riciclati, appare come un’entità inaspettata e misteriosa, memore di un passato – la lacuna del restauro, i ricordi personali, la storia della musica – che cerca di concertarsi tramite segnali assoluti, unanimi. Appigli di pragmatica calcolazione si intrecciano a una stesura empatica, esattamente come negli affreschi l’interpretazione morale e spirituale si legava alle qualità pittoriche fisico-sensoriali dell’artista; la visione segue le perpendicolari e le parallele che vanno in molteplici direzioni e che sembrano incontrarsi all’infinito in fluttuanti punti di fuga, evitando capziosi schematismi. La costruzione prospettica e la scrittura acquisiscono una funzione drammatica suggestiva: “Il simbolo della ‘x’” – afferma Ferreri – “evoca l’idea della scelta, mentre la linea si presenta come l’insieme di più possibilità e la parentesi può definire una pausa temporale”. Un’allegoria dalle radici risalenti e universali.
‒ Federica Maria Giallombardo
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