Come è andata ArcoMadrid 2022? I nostri top & flop della fiera
Conclusasi la settimana dell’arte madrilena, è tempo di tirare le somme: ecco cosa ci è piaciuto e cosa ci è piaciuto meno di ArcoMadrid 2022
Come accade per ogni settimana dell’arte, non potevano mancare anche per ArcoMadrid 2022 i nostri top & flop. Ecco le nostre riflessioni e considerazioni sulla fiera appena conclusasi in Spagna.
TOP – IL SUCCESSO DI UNA FIERA
L’edizione 40+1 di ArcoMadrid si è conclusa con un bilancio commerciale positivo. Soddisfatta la maggior parte delle 185 gallerie presenti quest’anno in Ifema, per alcune delle quali gli affari sono andati davvero bene. In generale, l’atteso ritorno di galleristi, collezionisti e professionisti del settore di fronte alle opere d’arte ha soddisfatto un po’ tutti. La fiera di Madrid si è svolta in un clima di energia e di speranza, malgrado i venti di guerra provenienti dall’est dell’Europa. La direttrice Maribel López ha già annunciato la prossima edizione, la 42esima, prevista dal 22 al 26 febbraio del 2023. Sarà dedicata al Mediterraneo, un mare rotondo, un progetto a cura della greca Marina Fokidis, con la collaborazione di Bouchra Khalili e Hila Poleg.
TOP – GALLERIE E ARTISTI ITALIANI
Tra le otto gallerie italiane presenti a Madrid, alcune hanno proposto interessanti progetti monografici o dialoghi artistici indovinati. Monitor, galleria romana con sede anche a Lisbona, ha puntato su Eugénia Mussa (1978), pittrice figurativa originaria del Mozambico che rielabora l’estetica colonialista e il gusto esotico d’antan con una visione iperrealista e una sottesa critica alla società contemporanea. La bolognese P420 ha reso omaggio invece a Irma Blanck (Celle, 1934), ricreando, attraverso l’architettura e gli arredi anni `50 dello stand, lo studio dell’artista; alle pareti, opere in sequenza che narrano l’evolversi della sua scrittura asemantica, fino alle recenti prove con mano sinistra. Interessante anche il dialogo intergenerazionale proposto dalla milanese Maab, per il secondo anno a Madrid. La pittura è una cosa mentale accosta infatti una serie di incisioni di Giorgio Morandi (1890-1964) ai lavori pittorici del basco Alain Urrutia (1981), piccole nature morte e paesaggi in bianco e nero dal forte carattere evocativo. Azzardata ma convincente anche la scelta espositiva di Matteo Consonni, titolare della galleria Madragoa di Lisbona: una parete bianca enorme per una serie di dieci piccole immagini in bianco e nero appartenenti a Il cielo nel mare – il mare nel cielo, lavoro di Renato Leotta (Torino, 1982): carta fotografica immersa nell’acqua di mare, sviluppata di notte, segnata dall’impronta di un riccio. Poesia pura tradotta in fotogrammi.
TOP – BERTOLO & CAMONI, LA SENSIBILITÀ IN COPPIA
Ci è piaciuta molto anche la scelta della galleria Arcade di Londra di promuovere ad ArcoMadrid (e nel 2019 con una mostra nella sua sede di Bruxelles) due artisti italiani che, da anni, condividono ambiente di lavoro e storia familiare. Luca Bertolo (Milano, 1968) e Chiara Camoni (Piacenza, 1974) vivono con i loro figli sui monti della Versilia e si esprimono con mezzi diversi, ma affini come sensibilità estetica e talvolta anche complementari. Luca reinterpreta i generi e le tecniche della pittura classica con eleganza, ironia e spesso anche ambiguità: una piccola natura morta con delicati resti di gocce colorate; una grande tela vuota, pensata come un foglio a quadretti dai margini che si trasformano in cornice tridimensione; la scritta NO dipinta su uno striscione di protesta con la tecnica divisionista. L’arte di Chiara, invece, si nutre della natura che la circonda: crea delicate sete dipinte con foglie e pigmenti naturali; intrecci di piccoli tasselli di ceramica o terracotta che si trasformano in creature silvestri o in sottili corone di fiori; bellissimi i vasi-farfalla in grès smaltato, con cenere naturale, che evocano stravaganti forme zoomorfe o vegetali.
TOP – JUST MAD, RESIDENZA NEL MONDO RURALE
JustMad, la fiera dell’arte emergente che da 13 anni segue in città le orme di ArcoMadrid, promuove da sempre una residenza per artisti. Isabel Flores, Tamara García, Natasha Lelenco e Rafael Blanco hanno condiviso un tempo di creatività insieme nella campagna della Vera, in Estremadura, presso l’associazione Ras de Tierra, centro privato che unisce arte e agricoltura secondo le linee della European New Bauhause. Con la guida di Mónica Sánchez Robles, artista e anima del centro, è nato un progetto collaborativo teso al recupero della memoria materiale e immateriale di queste terre, dove un tempo si coltivava il tabacco. Il risultato, esposto negli spazi di JustMad (al Palacio de Neptuno), è un’istallazione visiva e sonora che evoca un mondo ancestrale dove le tracce dell’uomo convivono, in armonia o in contrasto, con l’ambiente naturale. L’allestimento e i materiali provengono dagli artigiani dell’Estremadura, coinvolti attivamente nel progetto.
FLOP – UNA SALA VIP TRA LE ROCCE
La Sala Vip di ArcoMadrid attira sempre la curiosità di stampa e visitatori per l’allestimento insolito e innovativo, frutto dell’inventiva di architetti affermati o di designer emergenti. Per l’edizione 40+1 Ifema ha affidato la realizzazione dello spazio effimero allo studio d’architettura di Madrid Burgos Y Garridos, specializzato in aeree urbane e paesaggi naturali. Il risultato, tuttavia, non è stato convincente: una sala vip anonima e soprattutto cupa, dalle pareti perimetrali fatte di teloni neri e, al centro dello spazio, un gruppo di 25 rocce (perlopiù di lavagna) tra le 2 e le 7 tonnellate di peso, provenienti da una cava nei pressi di Segovia. Oltre alla freddezza della pietra, l’illuminazione soffusa non ha permesso di apprezzare gli arredi scelti tra le collezioni delle migliori aziende spagnole di design. Divani, poltrone, sedie e tavoli quasi impercettibili forse perché tutti nella scala di grigi, così come le bellissime lampade di interni. Malgrado il rosso acceso, neppure la gelosia in legno, ideata in maniera permeabile per separare lo spazio del bar da quello del ristorante, è riuscita a ravvivare uno spazio privo di personalità.
FLOP – MASTERS A DRAWING ROOM
La piccola fiera cittadina Drawing Room si è sempre distinta per la freschezza delle proposte e per l’apertura verso le sperimentazioni di un mezzo espressivo, come la carta, delicato e difficile da trattare dal punto di vista tecnico. Fin dal primo anno la rassegna – ideata e promossa con gusto da Monica Álvarez (con edizione gemella anche a Lisbona) – ci è parsa dare un contributo innovativo e complementare al panorama artistico di ArcoMadrid. La settima edizione si è svolta in una nuova sede – il centralissimo Palacio de las Alhajas (a due passi da Puerta del Sol) – e, come novità, ha introdotto la sezione +Masters, con un gruppo di gallerie (4 su 18, perlopiù provenienti da Barcellona) specializzate in opere su carta di maestri del XIX e XX secolo. La presenza tra gli stand di disegni, gouache, stampe o multipli firmati Tàpies e Mirò, Saura e Chillida, Chagall, Dalì, Bacon o Manolo Valdés (per non parlare dei tanti artisti catalani d’epoca modernista) hanno forse però distolto l’attenzione di collezionisti e visitatori (quasi 10mila in tre giorni, un record di pubblico pre-pandemico) dai lavori di artisti contemporanei, spesso freschi, ironici o disincantati. Una scelta, forse, che con il tempo potrebbe snaturare il valore di una fiera di scoperta.
FLOP – 17 DONNE NASCOSTE IN FIERA
Ad ArcoMadrid gli stand dedicati ai Solo/Duo projects sono spesso i più interessanti anche per un pubblico generico. Si tratta di piccole personali che, se pur in un contesto commerciale, permettono di approfondire il lavoro di un artista emergente o lo sviluppo di una personalità già affermata sul mercato. Nelle ultimissime edizioni, tuttavia, ArcoMadrid sembra aver perso parte della vocazione di fiera di scoperta delle ultime novità e delle sperimentazioni d’avanguardia, ad eccezione del focus latinoamericano, che continua ad essere uno spazio di approfondimento geografico e culturale. Poco visibili, in particolare, quest’anno sono stati i 17 progetti dedicati ad altrettante donne artiste, sparsi tra stand e corridoi dei padiglioni senza una chiara identificazione curatoriale. Sulla carta, la sottosezione al femminile aveva molte potenzialità, accostando nomi di artiste storiche, come Aurelia Muñoz (1926-2011), Liliana Porter (1941) e Vera Pagava (1907-1988), ad altre presenze più giovani come Ira Lombardía (1977), Clara Sánchez Sala (1987) e la britannica Marianna Simnet (1986). Peccato non averle colte al volo.
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