Conoscere il grande artista Jannis Kounellis in 10 opere
Dai cavalli vivi alle margherite infuocate, passando per le imbalsamazioni e le sculture monumentali, ecco le più famose opere dell’artista greco naturalizzato italiano protagonista dell’Arte Povera italiana
Per molti critici e amanti dell’arte Jannis Kounellis (1936-2017) è stato il volto dell’Arte Povera. Nato al Pireo e vissuto nel pieno della guerra civile greca, si trasferì a Roma appena ventenne dopo essere entrato in conflitto con l’Accademia di Arte di Atene. All’Accademia di Belle Arti della capitale italiana studiò con Toti Scialoja e si avvicinò all’arte espressionista, facendo la sua prima personale nel 1960 alla galleria Tartaruga. Si avvicinò nel 1967 al movimento dell’Arte Povera, il collettivo che recuperava materiali di scarto (terra, legno, plastica, tessuto) eliminando ogni limite fisico dato dal quadro e creando un legame tra le opere e l’ambiente circostante. La pratica artistica di Kounellis lo portò, sospinto da una costante urgenza comunicativa, a sfidare costantemente le pratiche tradizionali, sperimentando con materiali poveri e linguaggi in costante mutamento. Andiamo ora a vedere il suo percorso artistico e la sua visione del mondo in dieci opere.
– Giulia Giaume
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LA PRIMA FASE DELLA PRATICA DI KOUNELLIS: I SEGNI ESSENZIALI
Una delle prime fasi artistiche di Kounellis, precedente al passaggio alle installazioni e all’avvicinamento all’Arte Povera, è quella espressionista. Con frequenti segni tipografici essenziali, neri su fondo chiaro (come i famosi Alfabeti, con opere come Segnale), l’artista usava un linguaggio essenziale di totale accessibilità, istituendo da subito un particolare rapporto non mediato con il suo pubblico. Aveva già scelto di lavorare con materiali di uso comune – cosa che sarebbe stata accentuata con il graduale allontanamento dai media tradizionali – sottraendo la propria presenza dalle opere, che sono di libera interpretazione condividendo spesso il nome Senza titolo. C’è già la connotazione propria dell’Arte Povera, che per Celant era la tendenza di “ridurre ai minimi termini e impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi”. A questa fase dell’arte di Kounellis rende omaggio la mostra della galleria milanese ML Fine Art, JANNIS KOUNELLIS: GLI ANNI SESSANTA, in apertura il 23 marzo 2022.
LA MARGHERITA DI FUOCO DI KOUNELLIS
Nel 1967 Jannis Kounellis partecipa alla mostra collettiva di Arte Povera Fuoco, immagine, acqua e terra – che propone l’introduzione di elementi naturali nelle opere d’arte – presentando Margherita di fuoco. Era letteralmente una margherita in ferro che, legata a una bombola, emetteva una fiamma blu dal centro del capolino. Il contrasto tra un elemento primordiale, il fuoco – molto amato dall’artista, che lo utilizzò spesso – e la modernità del gas a bombola è diretta conseguenza delle riflessioni di Kounellis sull’eredità classica e naturale e il costante evolversi dei significati attribuiti dall’umanità a elementi dal così grande portato storico.
PAPPAGALLO: IL PRIMO ANIMALE VIVO NELLE OPERE DI KOUNELLIS
Nella galleria romana L’Attico di Fabio Sargentini, nel 1967, Kounellis affianca per la prima volta agli elementi naturali con cui lavora un animale vivo: ecco comparire un pappagallo. Posto davanti a una singola lastra metallica, il pappagallo interagisce con l’ambiente rigido della galleria con il suo odore, i suoi rumori e movimenti spezzandone il silenzioso distacco dalla “vita reale”: l’installazione diventa vera e propria performance
I CAVALLI IN GALLERIA: LA PERFORMANCE DEL 1969
È nel 1969 che, sempre all’Attico, Kounellis porta all’ennesima potenza la presenza di animali vivi nella sua arte quando lega alle pareti della galleria una dozzina di cavalli vivi, trasformando lo spazio espositivo in una stalla. I cavalli di Senza titolo, presenza sognante in uno spazio chiuso, diventano pieno oggetto dell’opera d’arte – che si realizza in rapporto diretto con il pubblico – mentre all’artista non resta che fare da sfondo a un ideale scontro tra natura e artificio.
LA DISILLUSIONE DI KOUNELLIS E LA PORTA CHIUSA
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, l’entusiasmo creativo di Kounellis viene meno, lasciando spazio al disincanto e alla frustrazione dati dal fallimento delle potenzialità dell’Arte Povera. Fagocitata dalla società dei consumi e dagli spazi espositivi tradizionali, il movimento aveva finito per tradire i suoi assunti, portandolo a creare opere dai significati più disincantati e cinici. Emblematica la porta chiusa presentata a San Benedetto del Tronto, che sigillava con delle pietre l’ingresso allo spazio espositivo, impedendone l’accesso. Il dialogo era spezzato. La porta murata viaggiò e fu ripresa dall’artista più volte in personali e collettive, diventando una delle prime opere a raggiungere un successo di pubblico internazionale.
GLI ANIMALI IMBALSAMATI DI KOUNELLIS
Alla fine degli anni Settanta, anche gli animali vivi passano sotto il vaglio di una maggiore disillusione, cedendo il passo a quelli imbalsamati. Nel 1979, Kounellis espone alla Tate Modern due uccelli imbalsamati e trafitti da frecce, sospesi sui contorni di un essenziale paesaggio urbano. Ciò che ne emerge è un severo monito sulla fine della libertà e del rapporto di genuino scambio con la natura. Stessa cosa vale per l’opera del 1989,Senza titolo, per la quale Kounellis appende delle parti di bue macellato a delle lastre illuminate da lampade a olio: la cruda verità della carne in decomposizione emerge in tutta la sua forza, e il suo odore.
LA MUSICA NELLE OPERE DI KOUNELLIS
Jannis Kounellis è stato sempre attratto dalla musica e dal suo rapporto con l’arte visiva e performativa: lo testimoniano le opere Senza titolo del 1971 – in cui un dipinto riporta le note di una composizione di Bach, eseguita dal vivo da un violoncellista – e del 1980 – in cui compaiono un flauto, un violino, una tromba, una cornetta, un violoncello e un mandolino collegati a bombole a gas e fiamme. In queste opere Kounellis mette in atto un avvenuto superamento delle divisioni tra codici artistici, elevando a totale l’esperienza sensoriale degli spettatori.
LE PIRAMIDI DI CAFFÉ DI JANNIS KOUNELLIS
Accanto alle sperimentazioni sul senso dell’udito, l’artista si è più volte messo alla prova con stimolazioni dell’olfatto, elaborazione già iniziata con la presenza di animali vivi e morti negli spazi chiusi. Nel 1974 compaiono per la prima volta le piramidi di caffè in polvere, presentate al pubblico come merce in vendita, che sarebbero tornate più volte nella sua pratica artistica insieme alle simboliche bilance di ferro. L’utilizzo del caffè, tutt’altro che casuale, rimandava alla cultura mediterranea del caffè e al suo commercio, alla compenetrazione tra naturale e artificiale e al concetto di sfruttamento.
LE SCULTURE MONUMENTALI DEGLI ANNI NOVANTA
Negli anni Novanta l’arte di Kounellis ha ripreso temi e suggestioni che l’avevano caratterizzata in precedenza, ma con uno spirito più meditativo. L’enfasi monumentale è ripresa con una nuova consapevolezza: esempio ne è l’installazione Offertorio del 1995 in piazza del Plebiscito, a Napoli. L’artista pose nel mezzo della piazza una lunga lastra di metallo da cui fuoriuscivano lingue di fuoco, mentre dalla volta del portico della chiesa di San Francesco di Paola pendevano più di duecento armadi sorretti da grosse funi. Kounellis ha amato molto la città di Napoli: aveva già incastrato nella metropolitana di piazza Dante decine di paia di scarpe sotto pezzi di rotaie, e alcuni anni dopo avrebbe donato al comune un gigantesco mulino di ferro.
RESISTENZA E LIBERAZIONE DI KOUNELLIS A PADOVA
Sempre nel ’95, in occasione dei cinquant’anni della Resistenza italiana, Kounellis realizzò il Monumento alla memoria di Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti ed Ezio Franceschini, noto come Resistenza e Liberazione, nel cortile dell’Università di Padova. All’interno dell’ateneo padovano – unico in Italia insignito della Medaglia d’Oro al Valore Militare per il suo ruolo nella Resistenza, che con l’opera andava a rendere omaggio a dei professori eroici – l’artista portò molte delle riflessioni di natura politica maturate nel corso di una vita, sin dalla giovinezza nella guerra civile. L’opera, recentemente restaurata perché deperibile, coinvolse ancora una volta gli spettatori come parte attiva dell’opera, rendendoli attori dell’esercizio della memoria.
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