Le tigri e i paesaggi di Yan Pei-Ming in mostra a Milano

Yan Pei-Ming porta le sue grandi tele negli spazi di Massimo De Carlo alla Casa Corbellini-Wasserman. Facendo dialogare ritratti e paesaggi e sancendo il passaggio al nuovo anno lunare

Una carcassa di bue, l’anno vecchio. Subito dietro, una tigre che scende dalle montagne pronta a balzare, l’anno nuovo. È impossibile leggere la nuova mostra dell’artista cino-francese Yan Pei-Ming (Shanghai, 1960) da Massimo De Carlo, a Milano, senza tenere da conto l’importanza del “colpo d’occhio”. Non è una banale correlazione a legare Casa Corbellini-Wasserman e le sedici opere, ma un autentico rapporto causale, che rende l’installazione eminentemente site specific. Le grandi tele, realizzate tutte nel 2022 a pochi giorni dall’apertura e in mostra fino al prossimo 2 aprile, pur condividendo con il lavoro precedente dell’artista le pennellate ampie e umide, hanno qui qualcosa di diverso.

Yan Pei Ming. Wild Game. Exhibition view at Massimo De Carlo, Milano 2022

Yan Pei Ming. Wild Game. Exhibition view at Massimo De Carlo, Milano 2022

LE PAROLE DI YAN PEI-MING

So di essere noto per i miei lavori in bianco e nero, le opere bicromiche e monocromatiche, ma mi piace l’idea di tradirmi”, racconta l’artista, sigaro alla mano. “Niente è proibito, anche quando si è conosciuti per qualcosa di molto specifico e che porta alla fama. Con l’arrivo della primavera, ho pensato di provare a fare qualcosa di nuovo, e ne sono piuttosto soddisfatto ‒ è venuta esattamente come la immaginavo. Bisogna innovare: pensate che noia se io facessi le stesse identiche cose da trent’anni! Poi, ogni periodo è diverso, e così anche ogni luogo.
Ci sono pochi luoghi dell’arte suggestivi, del resto, come la casa razionalista di Piero Portaluppi: “Questo spazio è stato di grande ispirazione, così grande e storico. Poi il fatto che sia una casa è stupendo, avete visto quanto è bello il bagno? È stimolante cambiare ambiente di lavoro: l’artista ha sempre bisogno di carne fresca”. E così il verde della tigre che scende dalla montagna è lo stesso delle venature del camino di marmo, e piazzandosi davanti al ritratto di Innocenzo X ‒ con le mani strette a pugno, un paradossale Homo Faber ‒ si crea un canale di ritratti che dal pontefice arriva all’artista passando per il ritratto realizzato a sorpresa per Massimo De Carlo, che lo rappresenta da oltre vent’anni. “È più piccolo il ritratto del gallerista, rispetto a quello dellartista”, sottolinea scherzoso Yan Pei-Ming, noto in Francia con il solo nome “Ming”, “ma è così che deve essere”.

Yan Pei Ming. Wild Game. Exhibition view at Massimo De Carlo, Milano 2022

Yan Pei Ming. Wild Game. Exhibition view at Massimo De Carlo, Milano 2022

LA MOSTRA DI YAN PEI-MING DA DE CARLO A MILANO

Se decidessi di vivere in Italia, sceglierei Milano”. Mai dire mai, per un artista fluido come Yan Pei-Ming. Anche se lavora principalmente nell’atelier di Digione, si sposta spesso tra Parigi e Shanghai, la sua città natale, che compare in una veduta di prima mattina con toni di verde e giallo che richiamano uno dei camini della galleria. Qui è cresciuto in una famiglia di operai nel vivo della Rivoluzione Culturale maoista, raccogliendo una serie di suggestioni che ha cominciato a manifestare dagli Anni Ottanta, periodo a cui risalgono i suoi studi in Francia.
È Mao il primo grande soggetto di molte sue opere, tra la celebrazione e l’ironia, affiancato negli anni da Obama, Buddha, Bruce Lee e tanti, tantissimi autoritratti, anche molto cupi e con la mascherina. Comune a tutti è uno spirito pittorico e calligrafico, un riadattamento continuo simile a quello che realizza nei confronti dei grandi temi e soggetti della pittura occidentale. Questo è particolarmente evidente nella carcassa di bue “crocifissa”, che ricorda Bacon e il Seicento romano, e nel ritratto del papa ‒ dello stesso blu di una veduta bidimensionale di piazza Duomo ‒, che richiama Velázquez a partire dal titolo. E così i fiori quasi impressionisti ‒ densissimo il medaglione fiorito nel fumoir della casa ‒ e i felini, apprezzati in occidente quanto in Cina. Sopra tutti spicca la tigre, simbolo del nuovo anno lunare e monito di una natura che vuole riprendersi i propri spazi.

Yan Pei-Ming, Tête de tigre I, 2022, olio su tela, 150x160 cm. Photo Clérin-Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2022. Courtesy of the artist & Massimo De Carlo

Yan Pei-Ming, Tête de tigre I, 2022, olio su tela, 150×160 cm. Photo Clérin-Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2022. Courtesy of the artist & Massimo De Carlo

LA GUERRA E IL CORONAVIRUS NELL’OPERA DI MING

Le conseguenze della tracotanza umana ci sono sempre più chiare, con il passare degli anni, sia che si manifestino in forme belliche come l’invasione russa del territorio ucraino, sia che lo facciano sottraendo margine di sopravvivenza a interi ecosistemi. Da qui le opere dedicate dall’artista agli emarginati e ai malati, come quelle incentrate sulla pandemia che omaggiano la pestilenza della pala d’altare di Issenheim. Una vita dolorosa, quella umana, e da cui per Ming è difficile allontanarsi: “Da quando esiste l’umanità, esiste la guerra”, commenta l’artista. “Non penso si possa sfuggire ai conflitti, soprattutto tra vicini, le guerre ci sono anche in famiglia. Ora tutti guardiamo all’Ucraina e ci chiediamo se sfocerà nella famosa Terza Guerra Mondiale, che spero si eviti anche grazie alla presenza dell’Europa. Il peso maggiore cade sempre sulle vittime collaterali e civili, in guerra come nella pandemia, e sulle persone che spariscono senza un nome”, commenta. La guerra sembra lontana, nella primavera che sboccia a Milano, e con un’ironia francese sempre pronta ad affiorare conclude: “Quanto a me, spero di morire il più tardi possibile”.

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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