Prevedere l’apocalisse. La mostra di Sergio Ragalzi a Torino

Culmine di un percorso di ricerca cominciato nel 1983, la mostra di Sergio Ragalzi, “Virus from the Eighties”, presso la galleria Raffaella De Chirico a Torino, affianca opere inedite a tematiche radicate nella visione dell’artista. Anticipando il dibattito sugli scenari ambientali, sociali e politici di oggi

Diversi anni fa, Ragalzi si è recato alle inaugurazioni delle sue mostre indossando la maschera antigas o mascherine chirurgiche, il che oggi ci impressiona non poco. Se deleghiamo agli artisti una visione futura del mondo, allora Ragalzi ha perfettamente portato a termine il compito assegnato, andando di pari passo con le catastrofi che si sono susseguite sul nostro pianeta […]. Una visione apocalittica dell’esistenza, specie se lucida come la sua, non solo è declinazione artistica ma diventa salvifica e soprattutto consolatoria, uno sguardo lungimirante per non trovarsi impreparati, un meccanismo difensivo felicemente risolutivo, che indubbiamente tiene in vita lui, con un piglio da combattente mascherato da nichilista”. Con queste parole Raffaella De Chirico commenta l’opera di Sergio Ragalzi (Torino, 1951), in mostra nella sua galleria a Torino.

Sergio Ragalzi, Carte erotiche #8, 2021

Sergio Ragalzi, Carte erotiche #8, 2021

LA MOSTRA DI SERGIO RAGALZI A TORINO

Il percorso comincia con le tenebre, come il buio dell’universo prima del Big Bang; ma al posto della luce vitale dell’esplosione che ha generato la Terra, le “ombre atomiche” sono rischiarate da una radiazione – riesumazione delle immagini dei resti di Hiroshima e Nagasaki dei fotografi giapponesi Yōsuke Yamahata e Yoshito Matsushige – che cancella e disperde l’essere, annullando la fisicità dell’uomo. Questi “sudari” (come li definisce lo stesso Ragalzi) evidenziano il senso antropologico della pittura, assorbimento dall’informale e dal materico promosso dalla generazione di Burri e Fontana, da cui deriva anche l’ambivalenza tra pittura e scultura e la loro compenetrazione; le Teste atomiche, gusci monolitici scolpiti con un’apertura-squarcio simile a un urlo, sono infatti monumenti di pittura esistenziale, totem della disgregazione lacerante dell’io. Infine, a dimostrazione della preveggenza confortatrice dell’artista, le Scimmie liquide che nel 1999 inizialmente definirono il “disfacimento di una generazione distrutta dalla droga” oggi si rinnovano con la speranza di un’evoluzione, di un miglioramento concesso dalla consapevolezza dei limiti e dei progressi del genere umano.

Federica Maria Giallombardo

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

Scopri di più