Cercando di far conoscenza con Omo e Giuba. Il progetto diffuso che indaga il post colonialismo
La mostra di Daniele Marzorati a Milano – diffusa tra lo spazio pubblico di Edicola Radetzky e quello privato della galleria Building – approfondisce il passato coloniale e le tracce ancora visibili nelle nostre città. Un tema denso di punti di vista differenti e stratificazioni storiche, di cui ci ha parlato la curatrice del progetto Irene Sofia Comi in questa intervista
Omo e Giuba sono le personificazioni di due fiumi dell’Etiopia, che occupano le posizioni laterali del Monumento a Vittorio Bottego, esploratore e ufficiale vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, posto di fronte alla stazione ferroviaria di Parma. Le due figure diventano il simbolo della ricerca di Daniele Marzorati (Novedrate, Como, 1988), a Milano con la doppia mostra Cercando di far conoscenza con Omo e Giuba, diffusa tra lo spazio no profit Edicola Radetzky (conclusa lo scorso febbraio) e la galleria BUILDING, in corso fino al 19 marzo 2022. A cura di Irene Sofia Comi e patrocinato dall’Università di Parma – Museo di Storia Naturale, il progetto propone una riflessione sulla rappresentazione della memoria collettiva nello spazio pubblico e sull’esperienza del patrimonio coloniale zoologico nello spazio museale. Un’operazione ongoing e densa di rimandi storici e culturali, che affronta un tema attualissimo portato avanti dall’artista dal 2019, coinvolgendo le città di Firenze, Faenza, Udine e Milano; la tappa successiva sarà invece la mostra collettiva La Natura e la Preda, dal 18 marzo al PAV di Torino. Assieme alla curatrice, abbiamo ripercorso la metodologia e i punti salienti della ricerca di Marzorati.
Il titolo della mostra Cercando di far conoscenza con Omo e Giuba è si riferisce alla marginalità di una storia – quella del passato coloniale italiano e del Museo di Storia Naturale di Parma – che diventa centrale all’interno del progetto di Daniele Marzorati. Qual è il senso di questa scelta?
La riflessione sulla contemporaneità in termini post-coloniali è centrale all’interno della ricerca di Marzorati. L’artista indaga le narrazioni costruite e conservate dall’immaginario della società portando alla luce strutture identitarie, coloniali e politiche in esse presenti. La realtà circostante viene esperita spesso inconsapevolmente ma in essa, dopo un’analisi più attenta, è possibile cogliere numerose tracce rimosse dal punto di vista storico, culturale e sociale. In questo caso gli ideali fruitori dell’operazione, oltre al pubblico della mostra, sono i cittadini della città di Parma, che vivono quotidianamente il monumento pubblico all’esploratore e condottiero Vittorio Bottego (1860-1897), e i visitatori del Museo di Storia Naturale. Alla luce di queste premesse, il titolo assume una valenza dichiarativa: Omo e Giuba sono le personificazioni di due fiumi dell’Etiopia, meta delle esplorazioni di Bottego, e collocati ai lati della statua cui è dedicato il monumento.
Anche la natura stessa, all’interno del progetto, cambia la sua valenza semantica, misurandosi con la storia coloniale e con la musealizzazione dell’Istituto di Parma. Qual è il suo ruolo, quindi?
Il Museo di Storia Naturale di Parma ospita nella Sala Bottego la collezione zoologica eritrea del condottiero, formatasi tra il 1889 e il 1891. Realizzando alcuni scatti fotografici con il banco ottico Deardorff, Marzorati si è relazionato con la “fauna” esposta nella sala. Ha dialogato con gli animali contenuti all’interno delle teche, facendole sparire di fronte all’obbiettivo, e ha indagato anche il ruolo dei display allestitivi. La scelta è quella di giungere ai corpi e all’essenza di queste specie animali, superando le griglie museali e culturali che le definiscono nella loro qualità di oggetti da collezione. Un’operazione forte della consapevolezza dell’artista del potenziale che l’immagine fotografica porta con sé: l’atto di ricontestualizzare grazie a uno spostamento di visione.
A proposito del rimosso e della memoria collettiva. I monumenti pubblici nelle nostre città costituiscono un portato storico che oggi viene messo in discussione e diventa fonte di rilettura con la lente del contemporaneo. Qual è l’approccio con cui, a proposito di questo delicato tema, Marzorati ha lavorato a partire dal monumento dedicato a Vittorio Bottego a Parma?
Nel pensare soprattutto al 2020, molte azioni intraprese hanno suggerito quanto il rapporto tra memoria collettiva e statuaria monumentale sia un tema d’attualità fondamentale su cui interrogarsi, superando e integrando le narrazioni normative e le eredità storiche unilaterali. Nei confronti del monumento dedicato a Bottego, eretto di fronte alla stazione dei treni parmense e realizzato dopo dieci anni dalla sua scomparsa, Marzorati si muove in questa direzione e attraverso fotografia e disegno “riposiziona” Omo e Giuba. Nel monumento, i soggetti sono raffigurati come due guerrieri oromo, collocati rispettivamente ai due lati del “protagonista” ritratto in posa, in divisa coloniale. Omo e Giuba ricoprono un ruolo simbolico e una posizione gerarchica all’interno del monumento, scelte frutto di determinati retaggi e intenzioni storico-culturali. L’idea è porsi “corpo a corpo” con Omo e Giuba – e di conseguenza con tutte le parti del monumento, Bottego compreso – e, dialogando con tali figure, cogliere la loro dimensione umana, scevri da condizionamenti.
Puoi farci qualche esempio, a proposito dei lavori di Marzorati?
Mi vengono in mente i disegni a biro blu realizzati dall’artista che riadattano in scala 1:1 le dimensioni delle due personificazioni, in un confronto più diretto e verosimile con il fruitore, o ancora Panorama, opera realizzata attraverso un insieme di negativi realizzati in tre momenti differenti, dove a ciascuna sessione temporale corrisponde un differente punto di vista da cui guardare l’intero monumento.
Il progetto artistico è incorniciato da una precisa scelta curatoriale, che vede la mostra dividersi tra due spazi opposti e complementari tra loro: Edicola Radetzky e Building Gallery, spazio pubblico e spazio privato, vetrina e interno. Quali sono le motivazioni alla base?
Ho ragionato su più livelli, diversi ma interdipendenti. Il primo tiene conto degli elementi che nutrono il progetto stesso dell’artista. Cercando di far conoscenza con Omo e Giuba parla di un superamento delle griglie culturali e visive attraverso le quali la realtà circostante viene letta, di spazio pubblico in relazione al monumento ma anche di spazio museale dove una collezione privata viene mostrata al pubblico. Forzare e giocare sulla natura dei due spazi ha duplicato con immediatezza la natura costitutiva del progetto: a Edicola Radetzky sono esposte le opere relative allo spazio museale, da Building viene restituito il lavoro sul monumento a Bottego. Quando il tutto ha preso forma, il museo peraltro non era accessibile a causa della chiusura dei musei in seguito alle disposizioni governative per emergenza sanitaria.
E questo cosa ha comportato?
In quel momento porre l’attenzione, nello spazio urbano di Edicola Radetzky, sul contenuto di un museo chiuso al pubblico era già di per sé un’azione e una presa di posizione determinata. Poi, la volontà di dare un segno a Milano e più in generale al sistema dell’arte di una collaborazione possibile tra luoghi e quartieri diversi tra loro e nella stessa città (BUILDING, galleria privata in zona Montenapoleone; Edicola Radetzky, spazio sulla Darsena e associazione no profit di proprietà del Comune di Milano). È un aspetto su cui lavoro molto: istituire reti sistemiche espanse sul territorio, instaurare un dialogo interregionale con Università e Museo di Parma ed estendersi in luoghi comunemente inaccessibili, come la biblioteca della galleria dove è ospitata la mostra, che è stata aperta per la prima volta al pubblico ad hoc e che è stata definita BUILDINGlibrary proprio a partire da questo progetto.
– Giulia Ronchi
CERCANDO DI FAR CONOSCENZA CON OMO E GIUBA I DANIELE MARZORATI
a cura di Irene Sofia Comi
Fino al 19 marzo 2022
BUILDING
Via Monte di Pietà 23, Milano
[email protected]
www.building-gallery.com
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