Folklore, modernità, identità. I bei Padiglioni di Grecia, Austria, Belgio e Svizzera in Biennale
Scultorei, pittorici e multimediali, i tre padiglioni europei nei Giardini della Biennale assegnati a Latifa Echakhch, Francis Alÿs e il duo Jakob Lena Knebl - Ashley Hans Scheirl e Loukia Alavanou spiccano nella 59esima edizione e meritano senz’altro una visita
Teste giganti e sculture multiforme, colori sgargianti e luci suggestive: i Padiglioni di Austria, Grecia, Belgio e Svizzera si distinguono ai Giardini della Biennale d’Arte 2022 per la loro complessità e ricchezza. Vediamoli nel dettaglio.
– Giulia Giaume e Massimiliano Tonelli
IL PADIGLIONE SVIZZERO ALLA BIENNALE D’ARTE 2022
L’artista Latifa Echakhch (El-Khnansa, 1974) trasforma il padiglione della Svizzera in una casa rituale con The Concert: con una serie di grandi sculture, teste e mani di paglia bruciata, tutte realizzate con materiale recuperato dalle precedenti Biennali, focalizza sul momento distruttivo del fuoco l’inizio di una rinascita, ricollegandolo ai falò tradizionali di culture nordiche e mediterranee. Uno spazio esterno, uno inondato dalla luce rossa del padiglione di Bruno Giacometti, e uno immerso nell’oscurità scandiscono una narrazione coinvolgente – con la curatela di Alexandre Babel e Francesco Stocchi – e ambivalente, tesa tra oscurità e sprazzi di luce intermittente. Come un concerto silenzioso.
IL PADIGLIONE DEL BELGIO ALLA BIENNALE D’ARTE 2022
Strilla soddisfatte, ululati, incitamenti e risate anticipano il Padiglione Belga con una gioiosa cacofonia: tutta la la personale di Francis Alÿs (Anversa, 1959), già commissario del Padiglione Iraq nel 2017, è dedicata al gioco, da cui il titolo The Nature of the Game. Grandi schermi di varie dimensioni mostrano nella sala principale una selezione di cortometraggi con bambini da tutto il mondo, realizzati negli anni dall’artista belga ma residente in Messico: la caccia alle zanzare nella Repubblica Democratica del Congo, la gara di lumache colorate in Belgio, i (prima proibiti) aquiloni in Afghanistan, gli inseguimenti per catturare gli avversari in Messico, tutti condividono l’universale linguaggio del gioco. L’immagine di divertimento innocente suggerita dal padiglione, curato da Hilde Teerlinck, viene contestualizzata con crudo realismo: i bambini trasformano in divertimento anche quello che non lo è, usando frammenti di specchi in mezzo ad aree disabitate o uno pneumatico per rotolare giù dalla terra accumulata da una cava. L’apice di questo contrasto è toccato in una serie di delicati dipinti in formato cartolina, dove i bambini sono costretti a lavorare o sono sorvolati da mezzi militari.
IL PADIGLIONE AUSTRIACO ALLA BIENNALE D’ARTE 2022
Il Padiglione Austriaco è dedicato al doppio atto Soft Machine di Jakob Lena Knebl (Baden, 1970) e Ashley Hans Scheirl (Salisburgo, 1956), partner nella vita e nel lavoro. Lo spazio – curato da Karola Kraus, direttrice del Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien di Vienna – è diviso da un doppio colonnato in due sezioni, ognuna delle quali ricollegabile a uno dei due artisti: dipinti, sculture e fotografie, opere tessili, scritture e video, fino a una collezione di moda e una rivista costruiscono una zona di dibattito e confronto, tra il serio e il faceto, della nuova identità corporea umana, nel mondo delle macchine. Da un lato vediamo la trasformazione dell’identità nell’epoca cibernetica e i meccanismi dell’inclusione ed esclusione nella società umana – il tutto immerso in un paesaggio sci-fi dalla malcelata opulenza -, dall’altro un autoritratto teatrale e iper-corporeo, carnale e istericamente creativo: i due universi si pongono ironicamente e tragicomicamente a commentario del mondo, dando grande forza espressiva ai contrastanti pensieri da cui siamo attraversati, parlando di genere e di identità con grande ironia.
IL PADIGLIONE GRECIA ALLA BIENNALE D’ARTE 2022
Sono mesi che i futurologi lo ripetono: uno degli strumenti che ci permetteranno nei prossimi anni di fruire contenuti culturali saranno gli Oculus. O comunque, al di là della marca specifica, degli apparecchi che ci diano accesso alle realtà virtuali. Poi vedi una intera Biennale e di questi dispositivi neppure l’ombra. Fa eccezione il Padiglione Grecia, dove colpisce il progetto della 43enne Loukia Alavanou. Il padiglione è trasformato in un ambiente oscuro, ci sono luci soffuse puntate su una quindicina di sedute in metallo come lettini di qualche studio dentistico. Ci si accomoda, si viene dotati di Oculus, appunto, e di cuffia. Parte il film da 15 minuti dell’artista. Il primo filmato di questo genere girato, con sofisticate tecnologie VR, in Grecia. È la versione dell’artista dell’Edipo a Colono di Sofocle. La tragedia greca è interpretata da una serie di attori amatoriali rom e si svolge nel contesto di un campo nomadi a ovest di Atene, non distante proprio dalla località di Colono.
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