La nascita dell’Ovo. La storia della prima scultura pubblica femminista in Italia
Amata fin dal primo momento dalla popolazione, che l’ha battezzata familiarmente “Ovo”, nel 2004 l’opera di Mirella Bentivoglio era crollata in un cumulo di pietre, ma a Gubbio hanno voluto restaurarla e rimetterla al suo posto lo scorso 3 aprile
Nel 1976, Mirella Bentivoglio partecipa alla Biennale di Gubbio, invitata dal curatore Enrico Crispolti, e decide di presentare un’opera monumentale, collocata fuori dalle mura della città medievale, a pochi metri di distanza dalla Porta di Sant’Ubaldo, in un punto di passaggio della processione dei ceri. Si trattava in origine di una “struttura simbolica” e ha preso la forma di un uovo ricoperto di pietre e alto 230 cm, che poteva contenere una persona in piedi, dedicata dall’artista “all’adultera lapidata”, incidendo questa scritta in una delle pietre di rivestimento, rivolta però verso l’interno dell’opera, e quindi non visibile.
Realizzata con pietre provenienti da una cava locale grazie alla collaborazione con maestranze eugubine, si tratta della prima scultura pubblica femminista in Italia, che Mirella ha voluto definire come “un accordo di pace tra uomo e donna nel segno dell’uguaglianza”. Amata fin dal primo momento dalla popolazione, che l’ha battezzata familiarmente “Ovo”, nel 2004 l’opera era crollata in un cumulo di pietre, ma la città ha voluto restaurarla e rimetterla al suo posto con una cerimonia presieduta dal Sindaco Filippo Maria Stirati insieme all’Assessore alla Cultura Giovanna Uccellani il 3 aprile, davanti a centinaia di persone che hanno salutato il ritorno dell’Ovo.
LA STORIA DELL’OPERA DI MIRELLA BENTIVOGLIO
A differenza di quanto è accaduto troppo spesso in Italia, in questo caso l’artista si è posta in ascolto del territorio di Gubbio, accordandolo al suo lavoro, in un’operazione mimetica e al contempo simbolica, rendendo l’opera parte del paesaggio urbano, e quasi necessaria. La scelta della collocazione appare in questo senso puntuale, sottolineando lo status marginale e negativo della donna adultera, che veniva lapidata in epoca medievale in uno spazio non protetto e anonimo, fuori dalle mura cittadine. Reiette e condannate, le adultere venivano sottoposte ad un’esecuzione pubblica e infamante, dove gli accusatori potevano per altro partecipare attivamente al supplizio: si trattava di persone espulse dal contesto sociale, assimilate a prostitute ed assassini.
La forma ovale è stata correttamente paragonata dalla critica alle precedenti ricerche dell’artista sul linguaggio, ed in particolare alla lettera O, ma si possono suggerire relazioni ulteriori con la storia di Gubbio, ed in particolare con Federico da Montefeltro, signore della città e committente della pala di Brera, capolavoro dipinto nel 1472 da Piero della Francesca in occasione della nascita del suo primogenito Guidobaldo, e oggi conservata nel museo milanese. Nella parte superiore della pala, in corrispondenza della figura della Vergine , Piero ha posizionato un uovo di struzzo, simbolo del parto miracoloso, non solo per le sue dimensioni ma anche perché all’epoca si riteneva l’animale ermafrodita, quindi capace di autofecondarsi.Un uovo gigante e identitario, come l’opera di Bentivoglio a poca distanza dal palazzo Ducale, dove risiedeva per lunghi periodi il duca Federico .Non è un caso che nel 1985 la stessa artista abbia sottolineato l’importanza di quest’opera nel suo percorso di ricerca: “A posteriori mi accorgo che ogni mio uovo, fino al 1976, ha rappresentato in maniera visiva un’alternativa, un “oppure”. Era sempre spezzato in due da una linea mediana (uovo e portauovo) o era duplicato, come in “Ab Ovo”. Finché questa forma scelse la grande misura per posizionarsi nello spazio urbano”.
IL RITORNO DELL’OVO DI MIRELLA BENTIVOGLIO
In occasione del centenario della nascita di Mirella Bentivoglio (1922- 2017) il Comune di Gubbio ha deciso di intraprendere un’azione per ricostruire l’opera, su suggerimento dell’artista eugubino Tony Bellucci, amico di Mirella. Una felice unione tra pubblica amministrazione, aziende private, l’università dei Muratori e l’archivio Bentivoglio, che ha permesso di riportare l’opera nel suo luogo d’origine. “Si tratta di un’operazione che realizziamo a cento anni dalla nascita di Mirella Bentivoglio, che ha creato negli anni un forte legame con Gubbio, il cui affetto la città oggi ricambia restituendo all’opera la sua collocazione originaria” ha dichiarato Giovanna Uccellani. Così la città umbra ha ritrovato un’opera contemporanea che sentiva sua, entrata a far parte della topografia eugubina: un esempio sul quale anche le grandi metropoli dovrebbero riflettere.
– Ludovico Pratesi
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