La pittura solitaria di Arturo Nathan in mostra a Rovereto
Solitudine e tormento esistenziale, oltre ai riferimenti poetici e filosofici, sono i cardini della pittura di Arturo Nathan, in mostra al MART di Rovereto
Per Giorgio de Chirico Arturo Nathan (Trieste, 1891 ‒ Biberach an der Riß, 1944) era “un uomo intelligente, mite, giusto e buono” e, dopo averlo ospitato a Roma per qualche giorno, ricorda che vissero “insieme alcuni giorni di amicizia nietzschiana”.
La pittura di Nathan era intrisa di rimandi alla filosofia di Nietzsche, come l’idea di “eterno ritorno”. I suoi quadri oscillano tra una Metafisica dechirichiana e visioni che ricordano le opere del Realismo Magico. Importante è stata la sua presenza alla Galleria Milano, dove espose sedici opere insieme a Leonor Fini e Carlo Sbisà. Ricevette una notevole attenzione, sia da parte di importanti artisti, sia dei giovani critici di allora.
LA MOSTRA DI ARTURO NATHAN AL MART DI ROVERETO
Nelle opere esposte al MART di Rovereto Nathan stesso è ritratto di spalle “come un solitario asceta, e naufrago, su spiagge deserte”. In Pomeriggio d’autunno (1925), nella versione pittorica, e non in quella disegnata del 1926, lo sguardo della figura è rivolto verso un orizzonte spoglio e silenzioso. Solitudine (1930), solo di qualche anno successiva, rappresenta un uomo seduto davanti al mare su un resto di rovina antica, che osserva una nave in lontananza. Gli ultimi dipinti sono sempre paesaggi marini, oscuri, con animali e figure in primo piano. Il tormento esistenziale è rappresentato in tutti suoi dipinti perché è la concezione del senso tragico della vita a muovere il suo struggimento personale. A seguito delle leggi razziali introdotte dal regime fascista, nel 1944 venne deportato, perché ebreo, nel campo di Biberach an der Riss, dove morì a soli 47 anni. Per ricordarlo il MART ha inaugurato la sua mostra proprio in occasione della Giornata della Memoria, usando per la copertina del catalogo il dipinto L’esiliato del 1928.
‒ Claudio Cucco
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