L’umorismo come risoluzione dei conflitti nella mostra di Nicolás Guagnini a Roma

In mostra al Macro di Roma, Nicolás Guagnini mescola pittura, performance e installazione per riflettere sulla storia con ironia e consapevolezza

Nicolás Guagnini (Buenos Aires, 1966) è in mostra al Macro di Roma fino al 22 maggio 2022 con Farces and Tirades, mostra che, ispirandosi alla struttura della Commedia dell’Arte, riassume quindici anni del lavoro dell’artista argentino.
Assiduo sperimentatore, Guagnini divide la mostra in due atti e concentra in un unico spazio performativo il mutuo rapporto tra spettatore e ambiente circostante che varia e si stratifica in un’installazione che racchiude pittura (77 Testicular Imprints, 2007), scultura (le ceramiche vetrificate e smaltate Lumpen, Points of View e Raft, 2014; Aphasia Bagatelle, Decurion e Divinity School – The Ice Queen, 2016), slide-show (The Middle Class Goes to Heaven, 2005–2006), e video performance (Discharge, 2005; Tango 78, 2010; Clear Allegiance, 2012; Analysis, 2019). La pavimentazione è in parte ricoperta da fogli sui quali è riportato un esplicativo dialogo tra Guagnini e Luca Lo Pinto (attuale direttore artistico del Museo Macro di Roma) che racchiude l’essenza dell’esposizione stessa.

Nicolás Guagnini, Discharge, 2005, still da video. Courtesy l’artista & Galerie Max Mayer, Düsseldorf

Nicolás Guagnini, Discharge, 2005, still da video. Courtesy l’artista & Galerie Max Mayer, Düsseldorf

L’OPERA E LA STORIA DI NICOLÁS GUAGNINI

L’umorismo e la risata divengono una “forma dialettica di risoluzione delle contraddizioni”. Come sottolinea l’artista stesso, infatti, “nella maggior parte degli scherzi le cose sono nel posto e nel momento sbagliato”. Dunque un umorismo che s’immerge nel concetto di lavoro e di mascolinità affrontato mescolando materiali e forme: nel caso di Farces and Tirades, sculture e riviste, libri e filmati, una frammentazione presente anche negli ultimi disegni realizzati dall’artista, riflessioni sulla pandemia e sulle reazioni del corpo umano contagiato dal virus (si vedono persone positive con febbre, mal di testa e tosse, o persone asintomatiche).
In una concezione di arte libera e autonoma Guagnini partecipa alla fondazione della società di cinematografia indipendente Union Gaucha Productions e nei primi Anni Duemila opera presso Orchard, galleria nel Lower East Side di New York  gestita da dodici soci, tra cui artisti, filmmaker, critici e storici dell’arte, con lo scopo di avviare un dialogo sulle variegate pratiche artistiche esistenti affinché il programma espositivo ne rifletta le istanze, le condizioni sociali e il conflitto col mercato.

Nicolás Guagnini, Decurion, 2016. Beacon Collection, Monaco di Baviera

Nicolás Guagnini, Decurion, 2016. Beacon Collection, Monaco di Baviera

NICOLÁS GUAGNINI E L’IRONIA

In particolare, quello della società che agisce sulla concezione dell’arte è un discorso che porta i visitatori a muoversi in un contesto di totalità tra società statunitense (nello specifico newyorkese) e sudamericana, la cui storia politica finisce per intersecarsi con quella privata di Guagnini, come spiega lui stesso nel canovaccio: “Mia nonna Cata Guagnini fu tra i fondatori del trotzkismo argentino. L’assassinio di Trotskij in Messico da parte degli argentini di Stalin è forse l’esempio più estremo del fallimento di una rivoluzione”.
Questa speculazione diviene circolare e si esprime in una successione d’ironia e capovolgimento della sfera d’indagine che rifiuta un certo tipo di approccio alla creazione dell’opera, ponendo al centro una concezione universale e interdisciplinare come memoria della storia e specchio del presente (impianto riscontrabile anche nei suoi ultimi lavori, a partire dalla mostra personale al The Tarble Art Center di Charleston fino al saggio White Male/Black Balls, inserito nel catalogo di Bruce Nauman Disappearing Acts per il Museum of Modern Art, New York).
Per questo i musei, oggi, secondo Nicolás Guagnini devono assumere un ruolo diverso: “Non m’interessa la nostalgia per un’utopia futura (…) o la rassicurante complicità della critica istituzionale. Credo che la più grande sfida per i musei oggi sia quella di smettere di sottovalutare il pubblico e finirla di provare a far esaudire agli artisti le promesse non mantenute della democrazia”.

Beatrice Andreani

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Beatrice Andreani

Beatrice Andreani

Laureata in cinematografia, frequenta l’ultimo anno di magistrale in Media, Comunicazione digitale e Giornalismo presso La Sapienza. Ha collaborato con diverse riviste culturali, scrive per altre testate giornalistiche e ha svolto le attività di ufficio stampa e di editor per…

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