La pittura meditativa di Pat Steir in mostra a Roma
Mette in dialogo Oriente e Occidente la pittura di Pat Steir, che torna dopo vent’anni a Roma, sua città d’elezione, con la mostra negli spazi della galleria Gagosian
“Quando ho cominciato la mia avventura artistica, nella New York degli Anni Settanta, c’era il movimento femminista, rappresentato da un gruppo di sedici artiste, del quale sono onorata di aver fatto parte”. Così l’artista americana Pat Steir (Newark, 1940) racconta l’inizio della sua carriera, più di cinquant’anni fa, dove Roma ha occupato un posto speciale, culminato nella grande mostra D’acqua e d’aria alla Galleria Nazionale nel 2003, promossa dalla galleria Bonomo.
LA MOSTRA DI PAT STEIR A ROMA
Dopo due decenni torna a esporre a Roma con Paintings, la mostra allestita alla Gagosian Gallery fino al 7 maggio 2022. Un gruppo di otto dipinti di grandi dimensioni tra i quali spicca Roman Rainbow (2021-22), eseguito per l’occasione e dedicato alla luce di Roma, evocata dall’artista attraverso le colature stratificate di arancione, giallo e blu, che attraversano un fondo monocromo rosso squillante. Una tipologia di opere che proseguono la serie Colour Wheel (2019), composta da trenta tele eseguite dall’artista per l’Hirshhorn Museum di Washington, che esplorano le dinamiche del colore attraverso una tecnica astratta del tutto particolare, che unisce la tradizione orientale della calligrafia cinese e della tecnica yipin (“a spruzzo di inchiostro”), praticata da artisti buddisti zen tra l’VIII e il IX secolo, con le suggestioni dei maestri dell’Espressionismo astratto americano, in un fil rouge che parte da Jackson Pollock e tocca Morris Louis e Cy Twombly, strizzando l’occhio anche ad artisti come Lee Ufan o Niele Toroni, proprio per il rilievo dato al gesto pittorico.
LE PAROLE E LE OPERE DI PAT STEIR
“La mia idea non è di toccare la tela, né di dipingere, ma di versare la vernice e lasciare che la vernice stessa crei un’immagine. Ho impostato le limitazioni: il colore, le dimensioni, il vento nella stanza e il modo in cui ho applicato la vernice. È una gioia lasciare che il dipinto si faccia da solo. Toglie ogni tipo di responsabilità”. Pat Steir lavora su tele monocrome, dove un unico tratto di pennello produce una cascata di rivoli di colore che attraversano la tela fino in fondo, creando un effetto quasi atmosferico, che carica l’opera di una sottile tensione rarefatta e sensibile. Tensione che raggiunge il suo apice nei tre dipinti esposti su una parete della sala ovale, tutti giocati sul rapporto tra bianco e nero: One Afternoon (2021-22), Raindrop (2021-22) e Night (2021-22), il più minimale e intenso del gruppo. Sulla parete opposta troviamo Winter Daylight (2021-22), che dialoga idealmente con l’opera esposta all’ingresso della galleria, Winter Evening (2021-22), come una sorta di chiusura della mostra all’insegna delle tonalità fredde della luce invernale. Dopo vent’anni Steir ritorna a Roma con una personale da vivere come un’esperienza meditativa, intesa come una sorta di congiunzione tra Oriente e Occidente, dove gesto e colore si muovono in totale armonia per suscitare atmosfere cromatiche basate su attente riflessioni legate al rapporto tra spazio, tempo e luce.
‒ Ludovico Pratesi
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