L’archivio del grande gallerista Ugo Ferranti in mostra a Roma
La storia della galleria Ugo Ferranti è protagonista della mostra di approfondimento organizzata dal MAXXI di Roma. Un’occasione per ripercorrere la stagione dell’arte capitolina tra gli Anni Settanta e Ottanta
Tra i focus che il MAXXI dedica da qualche anno ad alcune brillanti storie della storia dell’arte, quello sull’avventura culturale di Ugo Ferranti curato da Maria Alicata è momento imperdibile se si vuole avere una puntuale conoscenza e comprensione dei racconti dell’arte a Roma.
Organizzato nello spazio di approfondimento che presenta dal 6 maggio 2017 una selezione di materiali provenienti da importanti archivi del contemporaneo (l’appuntamento inaugurale di questo format espositivo ha posto al centro dell’attenzione gli Incontri Internazionali d’Arte 1970-1981), l’itinerario presentato oggi sulla Galleria Ugo Ferranti è una prima, irrinunciabile riflessione sulla vita di un uomo speciale, di un giovane architetto che dal 1965 al 1974 lavora a Parigi, di un collezionista appassionato che frequenta la galleria di Yvon Lambert dove ha modo di conoscere e frequentare gli artisti francesi, di un intellettuale ricco di entusiasmo per l’arte e per la cultura.
LA MOSTRA SU UGO FERRANTI A ROMA
Ad aprire questo percorso cronologico fatto di fotografie, di lettere e di dattiloscritti, di comunicati stampa, di ritagli di giornale, di manifesti, di inviti e di cataloghi, è un articolo – Paradiso per artista, Il Messaggero, 29 giugno 1974 – a firma di Lucrezia (è difficile decifrare chi sia Lucrezia, di certo una cronista dell’arte): una rubrica sull’arte che racconta dell’apertura della galleria, quando ancora si chiamava Arteper da Massimo d’Alessandro, e della prima esposizione di Richard Nonas (20 giugno 1974).
Appena qualche tempo dopo, in occasione della prima personale di Niele Toroni (Impronte di pennello n° 50 ripetute a intervalli regolari di 30 cm, 12 novembre ‒ 2 dicembre 1974), Ugo Ferranti (Roma, 1940-2008) è a Roma, entra in società con d’Alessandro e inizia l’avventura della galleria d’Alessandro-Ferranti, che evidenzia non solo una forte propensione verso quelle nuove forme d’arte analitica e concettuale, ma anche una radicale riflessione sullo spazio della galleria, inteso sempre come ambiente elastico aperto, in dialogo con l’opera che lo abita e che lo trasforma.
GLI ARTISTI DELLA GALLERIA FERRANTI
Tra il 1975 e il 1979 in galleria sfilano progetti e protagonisti: c’è Marcia Hafif (1975), c’è Richard Tuttle (1975), ci sono i progetti di Christo (1975) inerenti l’impaccaggio delle mura aureliane di Porta Pinciana, c’è la personale di un giovanissimo Giulio Paolini (1975), c’è André Cadere (1976), ci sono le Sculptures di Richard Nonas e le nuove Impronte di pennello n° 50 ripetute a intervalli regolari (30 cm) di Niele Toroni (1977), c’è Suzanne Harris (1978), c’è Elisa Montessori (1979), c’è Con il bianco. Lavoro in situ di Daniel Buren, (1979) e, tra gli altri, c’è un potente progetto di Maurizio Mochetti (1979) sul cui invito è raccontata la storia del caccia intercettore Bachem BA 349 A Natter (Vipera) costruito nel 1944 e a cui l’artista ha dedicato, negli anni, straordinarie traiettorie. Poi, dal 1980, troviamo Michele Zaza, Sol LeWitt, e arrivano quattro giovani astri della pittura italiana – Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, (Ferranti è stato il padrino di questi artisti) – e torna un gigante della pittura, Mario Schifano, con Quadro equestre (1982), già collaudato con La pittura come macchina del desiderio. Mario Schifano 1960/1962 a cura di Achille Bonito Oliva.
L’ARCHIVIO FERRANTI IN MOSTRA A ROMA
Dell’Archivio Ugo Ferranti, concesso per volontà del suo direttore Maurizio Faraoni in comodato d’uso al MAXXI Arte e ora disponibile per la consultazione, il focus offre soltanto un preciso momento storico che si avvita attorno al decennio 1974-1985 (l’archivio in sé copre quarant’anni di attività ed è ricchissimo di documenti), con materiali necessariamente parziali e puramente indicativi di un percorso speciale dell’arte raccontato anche attraverso le foto di Mimmo Capone nelle quali possiamo assaporare i progetti espositivi nello (e con lo) spazio.
Sulla parete d’ingresso, prima di andare a leggere la nota biografica di Ugo Ferranti, prima di guardare quattro splendidi manifesti (dedicati alla mostra Artemisia, al Ritratto dell’artista come modello di Giulio Paolini, a Richard Tuttle e a Transitorio di Daniel Buren), prima di raggiungere le due teche con cataloghi e inviti di mostre, prima di essere abbagliati dalla grande parete dove abbiamo modo di leggere anche articoli a firma di Achille Bonito Oliva, di Filiberto Menna o di Massimo Carboni, è presente una puntuale Mappatura delle gallerie e degli spazi espositivi a Roma tra il 1974 e il 1985 – gli anni, appunto, in cui si circoscrive questo primo approfondimento sull’Archivio Ugo Ferranti e a cui ci auguriamo tanto che possa essere data metodologica continuità.
‒ Antonello Tolve
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