I padiglioni di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania alla Biennale di Venezia 2022
Dominano, come in tutta la Biennale, la black culture e la questione femminile, temi portanti della discussione culturale di questo decennio. Assai coinvolgente la Francia
In una Biennale orfana del padiglione Russo e di quello Ceco e Slovacco, chiuso per ristrutturazione, le giornate dell’insolita apertura ad aprile della Biennale 2022 si svolgono tra le consuete file per entrare nei padiglioni più attesi. Ecco quelli di quattro grandi paesi: Gran Bretagna, Germania, Francia e Stati Uniti.
– Santa Nastro
PADIGLIONE GRAN BRETAGNA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
Una sontuosa Sonia Boyce (Londra, 1962) accoglie i visitatori con un progetto corale (Feeling her way) nel vero senso del termine. Cinque voci femminili (Poppy Ajudha, Jacqui Dankworth MBE, Sofia Jernberg, Tanita Tikaram and composer Errollyn Wallen CBE), una per ogni schermo che compone la grande videoinstallazione all’ingresso si fondono insieme per comporre una unica voce, un unico suono, un unico grido, un unico corpo femminile, potente e nero. Interagiscono tra loro, tra un video e l’altro, tra una stanza e l’altra: la jam session che parte da una grande capacità professionale lascia poi che musiciste si lascino andare in un lirismo impetuoso e francamente naturale. Tra le opere nel padiglione da non perdere c’è l’ampio progetto Devotional, una hall of fame della musica Black e donna amata dall’artista. Il tutto circondato da ampi wallpaper con quel gusto per il dettaglio tutto britannico e sedute e inserti dorati che danno all’intero complesso un allure glorioso.
PADIGLIONE GERMANIA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
Curioso e minimale il progetto di Maria Eichhorn (Bamberga, 1962) per il padiglione tedesco. L’artista non aggiunge nulla semmai toglie, facendo vedere cosa c’è sotto la struttura. Scarnificando le pareti e sottraendo intonaco a mostrare i laterizi che tengono in piedi l’edificio e creando un carotaggio ai piedi dello spettatore, sezionando parte del pavimento e svelando le fondamenta. Quasi fossimo dinanzi ad uno scavo archeologico che disvela le fondamenta e i vecchi passaggi, aggiunte e addizioni che hanno portato al padiglione Germania come è oggi. Un lavoro per certi versi simile alla “correzione” con tanto di rotazione di 10 gradi della struttura effettuata al Padiglione Spagnolo.
PADIGLIONE FRANCIA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
Ha suggestionato anche gli artisti dei padiglioni nazionali il titolo assegnato da Cecilia Alemani per la mostra principale della Biennale. Così accade che Zineb Sedira (Parigi, 1963) per il suo progetto al Padiglione Francia titoli “I sogni non hanno titoli”. Come darle torto… Ed entrando sei proprio in un sogno, accedendo ad un racconto tra cinema e realtà dove il visitatore è parte integrante del film. Si è un po’ in un set, un po’ a casa propria. Ci si può sedere, stendere sul letto, accomodare al tavolino di un bar in un design ispirato a Ballando ballando di Ettore Scola (1983) e ad altri film degli anni sessanta e settanta quando Algeria, Francia e Italia erano solite co-produrre molti film. E intanto irrompono in un tango d’altri tempi due ballerini bellissimi trascinandoti in una storia d’amore che si consuma e finisce. Quella dell’artista con il cinema, tra green screen e oggetti fuori dalla finzione è una montagna di pizze che raccontano il suo immaginario. Ma non contenta Sedira ti porta al cinema e ti fa sedere in sala raccontandoti il passato coloniale della Francia e la storia dell’Algeria ma anche la sua storia, gli amici che diventano i suoi personaggi, l’amore per la musica, per la danza. C’è tanto amore in questo padiglione che poi ti porta a casa dell’artista tra i libri che raccontano la cultura africana per lei così importante e ti mette ancora comodo. Ma il cinema è ancora in agguato e una bara da Lo straniero di Camus (e di Luchino Visconti) fa capolino da dietro la porta. Un padiglione trascinante.
PADIGLIONE STATI UNITI ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
La potenza della cultura afroamericana è l’elemento principale del lavoro di Simone Leigh (Chicago, 1967) protagonista di uno dei padiglioni più attesi alla Biennale 2022. Il suo Sovereignty accoglie i visitatori fin dall’ingresso con una monumentale è dir poco scultura che richiama i segni e le forme delle tradizioni artistiche africane e della diaspora. Sovranità, infatti. Ed così le opere muscolari che prendono spunto dal linguaggio vernacolare, mettono in una posizione di superiorità il corpo femminile in tutto il suo splendore. Superfici levigate, a volte popolari, assumono una impostazione classica, emergendo addirittura come in una esedra romana da una vasca all’entrata, come monoliti di una civiltà millenaria, scaldati esclusivamente da elementi vernacolari. Qui la paglia, di là una conchiglia.
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