I padiglioni dei Paesi scandinavi alla Biennale di Venezia
Tutti i progetti, gli artisti e i curatori del padiglione Sami, che sostituisce quello dei Paesi nordici, della Finlandia, della Danimarca, e dell’Islanda ma anche dell’Austria e del Belgio
Da sempre un nutrito gruppo, localizzato (quasi) completamente nei Giardini della Biennale, i Paesi scandinavi hanno dimostrato, chi più chi meno, di avere molto da dire a questa edizione della rassegna. Parliamo di Danimarca, Finlandia, Islanda, ma soprattutto del nuovo Padiglione Sàmi, che sostituisce e paradossalmente decolonizza il vecchio Padiglione dei Paesi Nordici. Vediamo ora le esposizioni ospitate nei singoli padiglioni nazionali.
– Giulia Giaume
IL PADIGLIONE SÀMI ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
La rivincita dei sopravvissuti: l’ex Padiglione dei Paesi Nordici rinasce in una nuova veste eminentemente eco-politica, lasciando tutto lo spazio a tre artisti dell’unica popolazione indigena europea ancora esistente, i Sàmi. Il popolo Sàmi, che vive al circolo polare artico a cavallo tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, ha subito per secoli le peggiori forme di emarginazione e soppressione culturale, con tanto di sterilizzazioni forzate e ostracismi. Ora tre alberi crescono oltre il tetto del padiglione, la cui commissaria è la direttrice dell’Office for Contemporary Art Norway Katya García-Antón, trasfigurando l’edificio in uno spazio simil-naturale inondato di luce. I video con la performance di danza Matriarchy di Pauliina Feodoroff (Inari, 1977), le delicatissime strutture sospese composte da interiora di renna di Máret Ánne Sara (Kautokeino Municipality, 1983) e la monumentale serie di collage di Anders Sunna (Kiruna municipality, 1985), condividono le difficoltà storiche e attuali della popolazione Sàmi, le battaglie legali per poter mantenere il proprio stile di vita nomade e pastorale, e la loro resistenza. Molti anche i lavori Sàmi nella mostra internazionale Il latte dei sogni, come le vedute innevate ricamate dall’artista Britta Marakatt-Labba.
https://oca.no/thesamipavilion
IL PADIGLIONE FINLANDIA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
L’installazione multicanale Close Watch di Pilvi Takala (Helsinki, 1981) occupa tutto il Padiglione della Finlandia. L’opera è il risultato di un esperimento in cui l’artista ha lavorato segretamente per sei mesi in uno dei più grandi centri commerciali della Finlandia come guardia di sicurezza: questo le ha permesso di registrare una serie di workshop finalizzati all’aggiornamento professionale delle guardie per situazioni di stress ed emergenza, testando la loro tolleranza, i loro pregiudizi e mettendo in discussione la gestione sempre più aziendale e privata della violenza. Curata da Christina Li, l’esposizione comprende tre video – uno verticale a mo’ di telefono (che mostra le conversazioni che hanno preceduto l’azione di Takala) e due orizzontali con le riprese – che mostrano le dinamiche di contrattazione di enforcement della legge e il suo scadere nell’abuso.
IL PADIGLIONE DELLA DANIMARCA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
È Uffe Isolotto (Copenhagen, 1976) a rappresentare il Padiglione Danimarca ai Giardini, con l’esposizione We Walked the Earth. L’installazione immersiva curata da Jacon Lillemose – cupa e suggestiva – ricrea in una sorta di stalla gigante uno scenario iperrealista e assurdo, tra elementi di ingenuo idillio campestre, come le staccionate dai motivi danesi che delimitano lo spazio, e spunti fantascientifici dal sapore distopico e apocalittico. I visitatori scoprono uno a uno dei centauri pezzati, o i loro corpi, mentre si muovono nel loro spazio vitale, circondati da cibo, paglia e cinghie. L’impressione è quella di trovarsi all’epilogo di una fiaba tedesca senza lieto fine.
IL PADIGLIONE ISLANDA ALLA BIENNALE DI VENEZIA 2022
Il Padiglione dell’Islanda, all’Arsenale, è tutto in mano a Sigurður Guðjónsson (Reykjavík,1975) con il video – o meglio, la scultura multisensoriale – Perpetual Motion: al centro di una singola stanza buia, l’opera combina immagini in movimento e suoni creando un’esperienza sospesa e misteriosa. Curato da Mónica Bello, l’installazione è su split screen, con uno schermo verticale di sei metri collegato a una proiezione a pavimento: entrambe le superfici mostrano il continuo spostamento di polvere di metallo, amplificato e ingrandito da un obiettivo fino a distorcersi e diventare un ideale paesaggio ghiacciato, inconsciamente (stando all’artista) simile alla sua Islanda.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati